CINA, IL PARTITO COMUNISTA MINACCIA DI PUNIRE I MEMBRI CHE CREDONO IN DIO

Credo

In Cina ormai da anni cresce il numero di funzionari comunisti che si convertono e approdano a qualche religione, nonostante le autorità cercano di negarlo: le stime indicano un 10% di aderenti al Pcc che in segreto frequentano chiese e templi, anche con zelo e fervore. “Esiste un piccolo numero di persone che ha dimenticato la visione del mondo predicata dai teorici del comunismo. Queste persone si sono rivolte alla religione, e questo fatto ora crea seria preoccupazione. Ora sono nel mirino della Commissione disciplinare, così si legge in un articolo del bollettino interno della Commissione centrale per la disciplina e l’ispezione del Partito comunista, organo che ha il potere di aprire indagini ed espellere coloro che infrangono le regole. In questo paese infatti i cittadini “hanno la libertà religiosa, ma i funzionari comunisti non hanno le stesse prerogative delle persone normali: sono infatti visti come dei combattenti per l’avanzamento della coscienza comunista” e sono previste “serie misure” per chi infrange la norme.

“Nel nostro lavoro missionario – spiega il pastore protestante Liu Fenggang di Pechino a Radio Free Asia – veniamo spesso a contatto con questa realtà. Sono molti anni ormai che molti funzionari del governo e del Partito, insieme alle loro famiglie, si convertono a Gesù”. Per il pastore, alla base di questa conversione vi sono “i molti errori politici che hanno commesso. Errori che continuano ancora oggi, con la persecuzione delle nostre chiese da parte delle forze dell’ateismo e la demolizione delle nostre croci”

Il governo cinese riconosce solamente cinque religioni: cattolici, protestanti, buddisti, taoisti, musulmani mentre l’ebraismo non è una religione riconosciuta e frequentare templi di culti che non rientrano in questa lista è contro la legge. I fedeli di tutti questi gruppi devono registrarsi presso le organizzazioni statali che controllano le religioni, oppure sono costretti a vivere la propria fede con gravi limitazioni e correndo gravi rischi. L’ebraismo non rientra in queste categorie ma, anche senza approvazione, i pochissimi ebrei residenti nel Paese sono tollerati nella pratica religiosa. Il 1992, con l’apertura di canali diplomatici diretti fra Cina e Israele, ha segnato un punto di svolta positivo per il ritorno dell’ebraismo in Cina.