Il Papa al Palais du Pharo: “Con le armi si fa la guerra, non la pace”

Il discorso del Santo Padre al Palais du Pharo di Marsiglia

Francesco
Foto: Vatican News

Papa Francesco nel suo discorso al Palais du Pharo di Marsiglia si sofferma a parlare del Mediterraneo che deve essere una vera e propria culla della civiltà e un punto di incontro. Inoltre, il Santo Padre chiede di ascoltare la voce dei più poveri e di aprire il proprio cuore all’accoglienza verso chi chiede un aiuto 

Papa a Marsiglia: “Il mare nostrum è uno spazio di incontro”

Marsiglia ci dice che, nonostante le difficoltà, la convivialità è possibile ed è fonte di gioia”.  Ne è convinto il Papa, che nel suo discorso al Palais du Pharo ha definito la città francese “il sorriso del Mediterraneo, un mosaico di speranza, con la sua grande tradizione multietnica e multiculturale, rappresentata dai più di 60 Consolati presenti sul suo territorio”. “Marsiglia è città al tempo stesso plurale e singolare, in quanto è la sua pluralità, frutto di incontro con il mondo, a renderne singolare la storia”, il ritratto di Francesco: “Spesso oggi si sente ripetere che la storia mediterranea sarebbe un intreccio di conflitti tra civiltà, religioni e visioni differenti. Non ignoriamo i problemi, ma non lasciamoci ingannare: gli scambi intercorsi tra i popoli hanno reso il Mediterraneo culla di civiltà, mare straripante di tesori, al punto che, come scrisse un grande storico francese, esso non è ’un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi. Non un mare, ma una successione di mari; da millenni tutto vi confluisce, complicandone e arricchendone la storia’”. “Il mare nostrum è spazio di incontro: tra le religioni abramitiche; tra il pensiero greco, latino e arabo; tra la scienza, la filosofia e il diritto, e tra molte altre realtà”, la tesi di Francesco: “Ha veicolato nel mondo l’alto valore dell’essere umano, dotato di libertà, aperto alla verità e bisognoso di salvezza, che vede il mondo come una meraviglia da scoprire e un giardino da abitare, nel segno di un Dio che stringe alleanze con gli uomini”. Poi la citazione di “un grande sindaco”, Giorgio La Pira, che “leggeva nel Mediterraneo non una questione conflittuale, ma una risposta di pace, anzi l’inizio e il fondamento della pace fra tutte le nazioni del mondo”. Di qui l’invito ad “allargare le frontiere del cuore, superando barriere etniche e culturali”.

Mediterraneo hotspot per cambiamenti climatici

“Opporre alla divisività dei conflitti la convivialità delle differenze”. Dal Palais du Pharo di Marsiglia il Papa prende a prestito le parole di don Tonino Bello per ricordare che “il mare nostrum, al crocevia tra Nord e Sud, tra Est e Ovest, concentra le sfide del mondo intero, come testimoniano le sue cinque rive” su cui avete riflettuto: Nord Africa, vicino Oriente, Mar Nero-Egeo, Balcani ed Europa latina”. “È avamposto di sfide che riguardano tutti”, ha proseguito Francesco: “Pensiamo a quella climatica, con il Mediterraneo che rappresenta un hotspot dove i cambiamenti si avvertono più rapidamente; quanto è importante custodire la macchia mediterranea, scrigno di biodiversità! Insomma, questo mare, ambiente che offre un approccio unico alla complessità, è specchio del mondo e porta in sé una vocazione globale alla fraternità, unica via per prevenire e superare le conflittualità”.

Con le armi si fa la guerra, non la pace. Ripartiamo dall’ascolto dei poveri

Con le armi si fa la guerra, non la pace, e con l’avidità di potere sempre si torna al passato, e non si costruisce il futuro”. È il monito del Papa, nel discorso al Palais du Pharo di Marsiglia. “Nell’odierno mare dei conflitti, siamo qui per valorizzare il contributo del Mediterraneo, perché torni a essere laboratorio di pace”, la proposta alle 900 persone presenti: “Perché questa è la sua vocazione, essere luogo dove Paesi e realtà diverse si incontrino sulla base dell’umanità che tutti condividiamo, non delle ideologie che contrappongono. Sì, il Mediterraneo esprime un pensiero non uniforme e ideologico, ma poliedrico e aderente alla realtà; un pensiero vitale, aperto e conciliante: un pensiero comunitario. Quanto ne abbiamo bisogno nel frangente attuale, dove nazionalismi antiquati e belligeranti vogliono far tramontare il sogno della comunità delle nazioni!”. La pace, per il Papa comincia col “dare speranza ai poveri, proclamandoli beati”, come ha fatto Gesù, che “ne ascoltò i bisogni, ne sanò le ferite, proclamò anzitutto a loro il buon annuncio del Regno”: “Da lì occorre ripartire, dal grido spesso silenzioso degli ultimi, non dai primi della classe che, pur stando bene, alzano la voce. Ripartiamo, Chiesa e comunità civile, dall’ascolto dei poveri, che si abbracciano, non si contano, perché sono volti, non numeri. Il cambio di passo delle nostre comunità sta nel trattarli come fratelli di cui conoscere le storie, non come problemi fastidiosi, cacciandoli via, riportandoli a casa; sta nell’accoglierli, non nel nasconderli; nell’integrarli, non nello sgomberarli; nel dar loro dignità”. “E Marsiglia è la capitale della convivenza dei popoli”, ha aggiunto a braccio.

No all’illegalità, sì alla solidarietà

“Dove c’è precarietà c’è criminalità: dove c’è povertà materiale, educativa, lavorativa, culturale e religiosa, il terreno delle mafie e dei traffici illeciti è spianato”. A lanciare il grido d’allarme è stato il Papa, nel discorso al Palais du Pharo di Marsiglia. “L’impegno delle sole istituzioni non basta, serve un sussulto di coscienza per dire ‘no’ all’illegalità e ‘sì’ alla solidarietà, che non è una goccia nel mare, ma l’elemento indispensabile per purificarne le acque”. “Il vero male sociale non è tanto la crescita dei problemi, ma la decrescita della cura”, ha affermato Francesco: “Chi oggi si fa prossimo dei giovani lasciati a sé stessi, facili prede della criminalità e della prostituzione? Chi è vicino alle persone schiavizzate da un lavoro che dovrebbe renderle più libere? Chi si prende cura delle famiglie impaurite, timorose del futuro e di mettere al mondo nuove creature? Chi presta ascolto al gemito degli anziani soli che, anziché esser valorizzati, vengono parcheggiati, con la prospettiva falsamente dignitosa di una morte dolce, in realtà più salata delle acque del mare? Chi pensa ai bambini non nati, rifiutati in nome di un falso diritto al progresso, che è invece regresso nei bisogni dell’individuo?”. “Oggi abbiamo il dramma di confondere i bambini con i cagnolini”, ha aggiunto a braccio: “Chi guarda con compassione oltre la propria riva per ascoltare le grida di dolore che si levano dal Nord Africa e dal Medio Oriente?”.

Mediterraneo da culla della civiltà a tomba della dignità

“Quanta gente vive immersa nella violenza e patisce situazioni di ingiustizia e di persecuzione!”. Lo ha esclamato il Papa, che nel discorso al Palais du Pharo di Marsiglia ha citato i “tanti cristiani, spesso costretti a lasciare le loro terre oppure ad abitarle senza veder riconosciuti i loro diritti, senza godere di piena cittadinanza”. “Per favore, impegniamoci perché quanti fanno parte della società possano diventarne cittadini a pieno diritto”, l’appello: “E poi c’è un grido di dolore che più di tutti risuona, e che sta tramutando il mare nostrum in mare mortuum, il Mediterraneo da culla della civiltà a tomba della dignità. È il grido soffocato dei fratelli e delle sorelle migranti”. “Marsiglia ha un grande porto ed è una grande porta, che non può essere chiusa”, il monito del Papa: “Vari porti mediterranei, invece, si sono chiusi. E due parole sono risuonate, alimentando le paure della gente: invasione ed emergenza. Ma chi rischia la vita in mare non invade, cerca accoglienza, cerca vita”.

Il dovere dell’accoglienza

“Il fenomeno migratorio non è tanto un’urgenza momentanea, sempre buona per far divampare propagande allarmiste, ma un dato di fatto dei nostri tempi, un processo che coinvolge attorno al Mediterraneo tre continenti e che va governato con sapiente lungimiranza: con una responsabilità europea in grado di fronteggiare le obiettive difficoltà”. Dal Palais du Pharo di Marsiglia, il Papa ha formulato così il suo pensiero sulla questione delle migrazioni. “Il mare nostrum grida giustizia, con le sue sponde che da un lato trasudano opulenza, consumismo e spreco, mentre dall’altro vi sono povertà e precarietà”, l’appello: “Anche qui il Mediterraneo rispecchia il mondo, con il Sud che si volge al Nord, con tanti Paesi in via di sviluppo, afflitti da instabilità, regimi, guerre e desertificazione, che guardano a quelli benestanti, in un mondo globalizzato nel quale tutti siamo connessi ma i divari non sono mai stati così profondi”. Poi la citazione dei “tre doveri” delle nazioni più sviluppati enumerati da Paolo VI: “Dovere di solidarietà, cioè l’aiuto che le nazioni ricche devono prestare ai Paesi in via di sviluppo; dovere di giustizia sociale, cioè il ricomponimento in termini più corretti delle relazioni commerciali difettose tra popoli forti e popoli deboli; dovere di carità universale, cioè la promozione di un mondo più umano per tutti, un mondo nel quale tutti abbiano qualcosa da dare e da ricevere, senza che il progresso degli uni costituisca un ostacolo allo sviluppo degli altri”. In una parola, il “dovere dell’accoglienza”.

Assicurare un ampio numero di ingressi legali e regeolari

“La storia ci interpella a un sussulto di coscienza per prevenire un naufragio di civiltà”. Ne è convinto il Papa, che dal Palais du Pharo di Marsiglia, a proposito di migrazioni, ha spiegato che “il futuro non sarà nella chiusura, che è un ritorno al passato, un’inversione di marcia nel cammino della storia”. “Contro la terribile piaga dello sfruttamento di esseri umani, la soluzione non è respingere, ma assicurare, secondo le possibilità di ciascuno, un ampio numero di ingressi legali e regolari, sostenibili grazie a un’accoglienza equa da parte del continente europeo, nel contesto di una collaborazione con i Paesi d’origine”, la proposta: “Dire basta, invece, è chiudere gli occhi; tentare ora di salvare sé stessi si tramuterà in tragedia domani, quando le future generazioni ci ringrazieranno se avremo saputo creare le condizioni per un’imprescindibile integrazione, mentre ci incolperanno se avremo favorito soltanto sterili assimilazioni”. “L’integrazione è faticosa, ma lungimirante”, ha fatto notare Francesco: “Prepara il futuro che, volenti o nolenti, sarà insieme o non sarà; l’assimilazione, che non tiene conto delle differenze e resta rigida nei propri paradigmi, fa invece prevalere l’idea sulla realtà e compromette l’avvenire, aumentando le distanze e provocando la ghettizzazione, che fa divampare ostilità e insofferenze. Abbiamo bisogno di fraternità come del pane. Sosterremo noi stessi solo nutrendo di speranza i più deboli, accogliendoli come fratelli”. “Lasciamoci toccare dalla storia di tanti nostri fratelli e sorelle in difficoltà, che hanno il diritto sia di emigrare sia di non emigrare, e non chiudiamoci nell’indifferenza”, l’invito: “Noi cristiani non possiamo accettare che le vie dell’incontro siano chiuse, che la verità del dio denaro prevalga sulla dignità dell’uomo, che la vita si tramuti in morte!”, l’appello ai credenti.

La sfida è quella della teologia del Mediterraneo

“Una Conferenza dei vescovi del Mediterraneo, che permetta ulteriori possibilità di scambio e dia maggiore rappresentatività ecclesiale alla regione”. È la proposta del Papa, al termine del discorso al Palais du Pharo, in cui ha esortato a “lavorare per una pastorale specifica ancora più collegata, così che le diocesi più esposte possano assicurare migliore assistenza spirituale e umana alle sorelle e ai fratelli che giungono bisognosi”. “La sfida – ha spiegato – è quella di una teologia mediterranea, che sviluppi un pensiero aderente al reale, casa dell’umano e non solo del dato tecnico, in grado di unire le generazioni legando memoria e futuro, e di promuovere con originalità il cammino ecumenico tra i cristiani e il dialogo tra credenti di religioni diverse. È bello avventurarsi in una ricerca filosofica e teologica che, attingendo alle fonti culturali mediterranee, restituisca speranza all’uomo, mistero di libertà bisognoso di Dio e dell’altro per dare senso alla propria esistenza”. “Le università mediterranee siano laboratori di sogni e cantieri di futuro, dove i giovani maturino incontrandosi, conoscendosi e scoprendo culture e contesti vicini e diversi al tempo stesso”, l’altra indicazione del Papa: “Così si abbattono i pregiudizi, si sanano le ferite e si scongiurano retoriche fondamentaliste. A ciò può ben contribuire la Chiesa, mettendo al servizio le sue reti formative e animando una creatività della fraternità”. “Siate mare di bene, per far fronte alle povertà di oggi con una sinergia solidale; siate porto accogliente, per abbracciare chi cerca un futuro migliore; siate faro di pace, per fendere, attraverso la cultura dell’incontro, gli abissi tenebrosi della violenza e della guerra”, gli inviti finali.

Fonte: Angesir