L'Ave Maria del Papa per le Filippine, ferite dal tifone

E'di sedici morti, al momento, il bilancio del tifone che ha colpito l'arcipelago delle Filippine, nuovamente costretto a far fronte a un'emergenza che ha duramente colpito la popolazione. Ed è a loro che, nell'Angelus di Santo Stefano, Papa Francesco si rivolge, dedicando un Ave Maria e unendosi al dolore del Paese: “Prego per le numerose vittime, per i feriti e per le loro famiglie. Invito tutti a recitare con me l’Ave Maria per questo popolo al quale voglio tanto bene”. E' a una Nazione in difficoltà, dunque, che il Santo Padre dedica la preghiera al termine della riflessione incentrata sulla memoria del primo martire, la cui vicenda è narrata nel Libro degli Atti degli Apostoli: “Nel clima gioioso del Natale, questa memoria del primo cristiano ucciso per la fede potrebbe apparire fuori luogo. Tuttavia, proprio nella prospettiva della fede, l’odierna celebrazione si pone in sintonia con il vero significato del Natale. Nel martirio di Stefano, infatti, la violenza è sconfitta dall’amore, la morte dalla vita: egli, nell’ora della testimonianza suprema, contempla i cieli aperti e dona ai persecutori il suo perdono”.

La prima testimonianza

Era un giovane servitore del Vangelo Stefano, “pieno di Spirito Santo”, che “ha saputo narrare Gesù con le parole, e soprattutto con la sua vita. Guardando a lui, vediamo realizzarsi la promessa di Gesù ai suoi discepoli… Alla scuola di Santo Stefano, diventato simile al suo Maestro sia nella vita sia nella morte, anche noi fissiamo lo sguardo su Gesù, testimone fedele del Padre. Impariamo che la gloria del Cielo, quella che dura per la vita eterna, non è fatta di ricchezze e potere, ma di amore e donazione di sé”. C'è bisogno, ha spiegato il Santo Padre, di “tenere lo sguardo fisso su Gesù… per poter rendere ragione della speranza che ci è stata donata attraverso le sfide e le prove che dobbiamo affrontare quotidianamente”. Ed è grazie a Cristo che, “con la forza dello Spirito Santo, noi possiamo assumere tutto ciò che umano e orientarlo verso il Cielo. Così che la prima testimonianza sia proprio il nostro modo di essere umani, uno stile di vita plasmato secondo Gesù: mite e coraggioso, umile e nobile, non violento”.

L'insegnamento dell'annuncio

L'insegnamento che Stefano lascia è l'annuncio di Cristo “attraverso gesti di fraternità e di carità evangelica. La sua testimonianza, culminata nel martirio, è fonte di ispirazione per il rinnovamento delle nostre comunità cristiane. Esse sono chiamate a diventare sempre più missionarie, tutte protese all’evangelizzazione, decise a raggiungere gli uomini e le donne nelle periferie esistenziali e geografiche, dove più c’è sete di speranza e di salvezza. Comunità che non seguono la logica mondana, che non mettono al centro sé stesse, la propria immagine, ma unicamente la gloria di Dio e il bene della gente, specialmente dei piccoli e dei poveri“.