Mar di Sicilia, Greenpeace occupa una piattaforma petrolifera

Gli attivisti di Greenpeace hanno occupato una piattaforma estrattiva nel Canale di Sicilia, al largo della costa di Licata, provincia di Agrigento: un’azione portata avanti per protestare contro il decreto Sblocca Italia, che, sostengono, permetterebbe una deregulation selvaggia delle trivelle. A riferirlo sono i portavoce della stessa associazione ambientalista, che spiegano: “Siamo entrati in azione contro una politica ‘fossile’ sballata, in controtendenza con ogni ragionevole scenario energetico e opposta a ogni strategia di valorizzazione delle vere risorse dell’Italia, il mare, il paesaggio e la biodiversità”.

Con l’appoggio dell’ormai celebre nave Rainbow Warrior, a bordo di gommoni, una decina di attivisti hanno scalato la piattaforma estrattiva “Prezioso” di Eni Mediterranea Idrocarburi: i manifestanti hanno appeso uno striscione di 120 metri quadri su cui è raffigurato il presidente del Consiglio Matteo Renzi che promette “più trivelle per tutti”, mentre altri attivisti si trovano su una zattera di salvataggio gonfiabile. “Eni vorrebbe realizzare una nuova piattaforma, due pozzi esplorativi, sei pozzi di produzione e i relativi oleodotti – hanno spiegato gli ambientalisti – Alcuni di questi pozzi sarebbero a sole 11-12 miglia nautiche dalla costa. Questo progetto, denominato ‘Offshore Ibleo’, ha già ricevuto una Valutazione d’Impatto Ambientale positiva”. Contro il progetto, Greenpeace, insieme ad associazioni e a 5 amministrazioni locali, ha già promosso un ricorso presso il Tar del Lazio.

Secondo l’associazione, infatti, il governo Renzi intende dare “il via libera allo sfruttamento delle scarse riserve di petrolio presenti sotto i nostri fondali”. Eppure, dicono, l’Italia, forte del turno di Presidenza al Consiglio Ue, dovrebbe essere impegnata a guidare l’Europa verso obiettivi di difesa del clima più ambiziosi, “puntando con decisione su fonti rinnovabili ed efficienza energetica e consegnando al passato le fonti fossili”. Per Greenpeace in gioco che non vale la candela. Dalle valutazioni del ministero dello Sviluppo economico emergerebbe che nei nostri fondali marini ci sarebbero circa 10 milioni di tonnellate di riserve petrolifere certe: sufficienti, spiegano, a coprire il fabbisogno nazionale per appena 8 settimane.