COP21, I PAESI EMERGENTI CHIEDONO PIU’ CHIAREZZA AL “NORD DEL MONDO”

La presentazione di nuova relazione – ridotta da 50 a 54 pagine – ha segnato l’apertura della quarta giornata di lavori a Le Bourget. Un passo in avanti minimo, come sottolineato da alcuni, che non raccoglie l’esortazione ad “accelerare” fatta ieri dal ministro dell’ambiente francese e presidente della conferenza sui cambiamenti climatici, Laurent Fabius. Infatti sono ancora 250 le opzioni che dovrebbero – si spera – essere tagliate dal testo entro la giornata di venerdì.

I Paesi emergenti e in via di sviluppo hanno alzato i toni sulla questione chiave dei finanziamenti, reclamando degli impegni chiari da parte dei paesi “del Nord del mondo”. “Il livello dei sostegni finanziari che saranno forniti dai Paesi sviluppati a quelli in via di sviluppo dopo il 2020”, data di entrata in vigore del futuro accordo, deve essere “chiarito”, ha avvertito il “Gruppo G77 + la Cina”, che riunisce 134 Paesi.

Il “Gruppo G77 + la Cina” reclama anche a partire dal 2020 “un aumento sostanziale” della busta da 100 miliardi di dollari annui promessi dai Paesi ricchi. Terza richiesta: i paesi sviluppati auspicano che i più ricchi fra quelli emergenti contribuiscano all’aiuto finanziario sul clima per i paesi del Sud.

Molto atteso questo pomeriggio l’intervento di Al Gore, premio Nobel per la pace 2007, fra i paladini di più lunga data della causa ambientalista. Gore ha elencato una lunga serie di disastri ambientali, siccità, alluvioni, scioglimento dei ghiacci, per ricordare come l’umanità sia ormai di fronte a un bivio decisivo. “Dobbiamo davvero cambiare le fonti energetiche, i sistema dei trasporti, la cultura agricola e forestale e dirottarci verso percorsi a basse emissioni di anidride carbonica”, ha esortato l’ex vicepresidente americano. “La risposta è sì… Perché adesso è la stessa natura a darci la risposta”.

Inoltre nella giornata di giovedì è stato presentato il report German Watch, che ha fornito un quadro globale dei danni creati da eventi climatici estremi: in totale 525.000 persone sono morte in seguito a 15.000 eventi estremi, in particolar uragani. I danni si contano nell’ordine delle migliaia di miliardi, 2,97 trilioni di dollari, tra il 1995 e il 2014. Su 10 Paesi più colpiti, nove sono in via di sviluppo, precisa il report di German Watch.

Honduras, Birmania e Haiti sono i tre Paesi più colpiti da eventi meteorologici estremi negli ultimi 20 anni (come l’uragano Sandy), eventi che si moltiplicheranno drammaticamente con l’aumento della temperatura del Pianeta, secondo questo rapporto che non si basa sull'”indice di rischio climatico” ma “sul livello di esposizione e vulnerabilità agli eventi estremi” che tiene conto del numero delle vittime in proporzione alla popolazione, ai danni rispetto al Pil e al numero di eventi meteorologici.