Savina Petrilli, la Beata che amava il crocifisso, i poveri, l’Eucaristia e la Chiesa

Una donna che si è adoperata nello strenuo servizio a favore del prossimo cooperando con la Divina Misericordia per restituire dignità a poveri, emarginati e sofferenti con gesti di concreta solidarietà cristiana. Secondogenita di otto figli viene al mondo nel 1851 a Siena. Di salute cagionevole per tutto il corso della vita viene cresimata d’urgenza all’età di un anno per una grave malattia a causa della quale stava rischiando di morire. Fin da giovanissima è dotata di luminosa intelligenza arricchita da valori umani e cristiani. Nel ricevere la prima comunione prova un’emozione fortissima come scriverà più tardi al suo direttore spirituale: “Appena ricevuto Gesù, mi sentii come immersa in Lui. Il cuore mi batteva così forte che mi pareva dovesse scoppiare per la pienezza del gaudio che provavo! Piangevo a dirotto e non rammentavo più dove ero: a nulla più pensavo se non al mio caro Gesù che sentivo realmente dentro di me, e ne udivo la voce divina tanto chiaramente, che mi attraeva fortemente ad amarlo… Contemplavo Gesù, ascoltavo Gesù, amavo Gesù che, tanto amorosamente, mi invitava ad amarlo e a servirlo”.

A 15 anni aderisce alla congregazione delle Figlie di Maria divenendone poi presidente. È prodiga nel seguire gli insegnamenti di Cristo e della santa della sua città, Caterina da Siena, dalla quale eredita quattro grandi amori: il crocifisso, i poveri, l’Eucaristia e la Chiesa. Si prefigge di dedicare la vita alle persone in difficoltà, ai poveri per soccorrerli nella gratuità e con tutta sé stessa. È una donna che saprà unire azione e contemplazione accogliendo il mistero di Cristo nascosto dentro le più diverse forme di indigenza presenti nella società. Nel 1872 assieme a tre compagne, con il permesso dell’arcivescovo di Siena, pronuncia i voti religiosi e, ai primi vespri della Festa dell’Immacolata dell’anno successivo, il presule consente loro di iniziare a condurre vita comune in casa Petrilli.

Il nome scelto da Savina è “Sorelle dei Poveri” come spiega nel suo testo “Oblazione permanente col Cristo”: “Dopo coloro che Dio ci ha dato come oggetto legittimo di affetto per i legami di sangue… i nostri fratelli sono i poveri”. Ciò comporta l’impegno di non abbandonare mai “quei poveri che Dio ci diede per fratelli” perché “essi devono esserci cari ed a loro particolarmente dobbiamo dedicare la nostra predilezione, il nostro favore, il nostro cuore, tutte le nostre facoltà, il nostro operare”.

All’inizio del loro cammino le consorelle rivolgono le loro cure all’infanzia povera e abbandonata. La prima fanciulla che accolgono è Nazarena Concogni detta “Tre once” per il suo aspetto scheletrico. “Un cuore buono – ripete spesso la beata – non si abitua a vedere la miseria, né si stanca di sollevarla”. Ben presto la casa diventa troppo piccola per poter accogliere tutti i bambini bisognosi di aiuto. Interviene la Divina Provvidenza: ai primi vespri della festa della Natività di Maria, la nascente Congregazione delle Sorelle dei Poveri di Santa Caterina da Siena si trasferisce in un nuovo e più grande edificio, con l’aiuto di alcuni benefattori. L’animo umano è spinto a compiere gesti sempre più generosi quando riconosce nel volto degli ultimi quello di Cristo. Infatti, per Savina “tutto è poco per Gesù” e “il cuore umano a tutto resiste fuorché alla bontà”. Trasmettendo alle sue suore il carisma di vivere radicalmente il sacerdozio di Cristo mettendo al centro l’Eucaristia, spiegava: “La vera sorella dei poveri risparmi con scrupolo il tempo, mai se stessa. La sorella dei poveri da povera lavora molto senza temere la fatica… Un cuore buono non si abitua a vedere la miseria, né si stanca di sollevarla ma, ovunque la incontri, si inchina verso di essa”.

Le Sorelle dei Poveri, quasi subito, non si occupano più solo dell’educazione delle bambine ma si aprono ad altre forme di povertà cominciando a espandersi rapidamente in tutta Italia. La Beata Savina si sente poi chiamata a consacrarsi sempre più a Dio emettendo questi voti: “Non negare nulla volontariamente al Signore”, “perfetta obbedienza” al direttore spirituale, “non lamentarsi deliberatamente nei patimenti esterni ed interni”, “completo abbandono” alla volontà del Padre. Nel 1903 la Congregazione oltrepassa i confini nazionali inviando le prime suore missionarie a Belem do Parà in Brasile e nel 1909 in Argentina. All’età di 72 anni, nel 1923, dopo un’intensa esistenza spesa per il prossimo, la Beata Savina torna alla casa del Padre, lasciando numerose strutture in Italia e nel resto del globo. Attualmente la Congregazione è anche in India, Filippine, Ecuador e Germania con la missione di far crescere e promuovere l’uomo nella sua dimensione umana e spirituale.