Occupazione giovanile in crescita nel 2015. Ma Renzi avvisa: “Non basta”

Per Matteo Renzi il 2015 sarà l’anno della ripresa e i dati sull’occupazione sembrano dargli ragione. Secondo l’Istat l’inizio del nuovo anno è stato positivo, soprattutto per i giovani. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni,è pari al 41,2%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 2,0 punti nei dodici mesi. Dal calcolo sono esclusi i giovani inattivi, cioè coloro che non non lavorano e non cercano impiego, ad esempio perché impegnati negli studi. In generale gli occupati a gennaio sono stati 22 milioni 320 mila, sostanzialmente invariati rispetto a dicembre (+11 mila) ma in aumento dello 0,6% su base annua +131 mila. L’occupazione, pari al 55,8%, dunque, aumenta di 0,1 punti in termini congiunturali e di 0,3 rispetto al 2014, che si è confermato anno nero per il lavoro. Il numero di persone disoccupate lo scorso anno è salito al 12,7% rispetto al 12,1% del 2013, dato annuale mai più registrato in Italia dopo il 1977. “Più 130 mila posti di lavoro nel 2014 – è stato il commento di Renzi su Twitter – bene ma non basta. Ora al lavoro per i provvedimenti su scuola e banda ultralarga #lavoltabuona”.

Andiamo nel dettaglio. A fronte dell’incremento nei servizi alle famiglie, negli alberghi e ristoranti, nella sanità e assistenza sociale e nell’istruzione, prosegue il calo di occupati nel commercio, nei servizi generali della pubblica amministrazione e nelle attività finanziarie e assicurative. Alla nuova discesa dell’occupazione a tempo pieno (-35.000 unità, pari a -0,2%), si associa l’ulteriore incremento di quella a tempo parziale (124.000 unità, pari a +3,1%). L’incidenza di quanti svolgono part time involontario sale dal 61,3% del 2013 al 63,6% del 2014. La popolazione inattiva tra 15 e 64 anni torna a diminuire (-233.000 unità, pari a -1,6%). Il calo interessa esclusivamente la componente italiana, sia tra gli uomini sia, soprattutto, tra le donne.

Alla riduzione degli inattivi non disponibili a lavorare si contrappone la crescita di coloro che cercano lavoro non attivamente o pur non cercando lavoro sono disponibili a un impiego. Tra i motivi della mancata ricerca del lavoro crescono lo scoraggiamento e l’attesa degli esiti di passate azioni di ricerca. Prosegue il calo degli inattivi non interessati a lavorare o ritirati dal lavoro (-372.000 unità), concentrati in nove casi su dieci nella fascia di eta’ tra 55 e 64 anni. Il tasso di inattività nella media del 2014 scende al 36,1%, con un calo di 0,6 punti che interessa sia gli uomini (-0,3 punti) sia soprattutto le donne (-0,8 punti).

L’Istat ha anche diffuso i dati sul Pil del 2014, che ha raggiunto quota 1.616.048 milioni di euro, in calo in termini di volumi dello 0,4% rispetto al 2013. Nel contempo 2014 il debito è salito dal 128,5% del 2013 al 132,1% del Prodotto interno lordo, il massimo dal 1995, da quando cioè sono state ricostruite le serie storiche. Dal lato della domanda interna nel 2014 si registra, in termini di volume, una variazione nulla dei consumi finali nazionali e un calo del 3,3% degli investimenti fissi lordi. Per quel che riguarda i flussi con l’estero, le esportazioni di beni e servizi sono aumentate del 2,7% e le importazioni dell’1,8%. La domanda interna ha contribuito negativamente alla crescita del Pil per 0,6 punti percentuali (-0,8 al lordo della variazione delle scorte) mentre la domanda estera netta ha fornito un apporto positivo (0,3 punti). A livello settoriale, il valore aggiunto ha registrato cali in volume nell’ agricoltura, silvicoltura e pesca (-2,2%), nell’industria in senso stretto (-1,1%) e nelle costruzioni (-3,8%); nell’insieme delle attività dei servizi vi è stato un lievissimo incremento (0,1%).