Bagdhad, attentato davanti alla moschea sciita: 7 morti

Un nuovo attentato dinamitardo ha ucciso oggi a Baghdad (capitale dell'Iraq) sette persone e ne ha ferite altre 20, secondo quanto riferito da fonti della polizia citate dalla tv irachena al Sumariya. L'attentatore si è fatto esplodere davanti a una moschea sciita, riporta Ansa. Baghdad, il cui nome significa “Città della Pace“, con oltre 7 milioni e mezzo di abitanti è la seconda città più grande dell'Asia sud-occidentale, dopo Teheran, capitale del vicino Iran. L'attacco non è stato ancora rivendicato ma ricorda quelli che da 15 anni affliggono la capitale irachena e altre città del paese e compiuti dall'insurrezione qaedista e poi dell'Isis. Lo scorso 26 maggio cinque persone erano morte in un attentato a Mosul. Sempre nella gionata di oggi, almeno quattro persone sono rimaste ferite in un tentato attacco suicida a Khanaqin, nella provincia irachena di Diyala, quando un giovane ha tentato di farsi esplodere all’interno di una caffetteria senza riuscirci.

La nascita dell'Isis

A partire dal 2012 l'Iraq subisce le ripercussioni della guerra civile siriana, a causa di un intenso scambio di guerriglieri fra i gruppi islamisti che operano nella Siria orientale e quelli operanti nell'Iraq occidentale (a maggioranza sunnita, dove è forte il risentimento verso il governo di Baghdad, dominato dagli sciiti). Nel 2013 Abu Bakr al-Baghdadi, leader dello Stato Islamico dell'Iraq fondato nel 2006 come parte della rete di al-Qa'ida, annuncia l'unione del suo gruppo con al-Nusra, il principale movimento islamista della guerriglia siriana. L'unione, respinta dalla maggior parte della dirigenza di al-Nusra e da al-Qaeda, provoca l'allontanamento dalla rete di al-Qaeda del nuovo gruppo, che prende il nome di Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (ISIS o ISIL nella sigla inglese). All'inizio del 2014 questo gruppo assume il controllo della città di Falluja e di buona parte della provincia irachena occidentale di al-Anbar, oltre che della Siria orientale, e si espande poi fra giugno e luglio a nord e a est, prendendo in particolare le città di Mosul e Tikrit e spingendosi fino al territorio del Kurdistan. In questo periodo, rotti definitivamente i legami con al-Qaeda, proclama la creazione di un califfato universale (o Stato Islamico, IS nella sigla inglese) con a capo il suo leader Abu Bakr al-Baghdadi, che prende il nome di califfo Ibrahim. L'avanzata dell'IS viene frenata dai raid degli Stati Uniti e dalle milizie curde e sciite. In seguito alle pressioni internazionali a favore di una politica più aperta nei confronti dei sunniti, il primo ministro ad interim Nuri al-Maliki viene sostituito ad agosto da Haydar al-Abādī. A partire dal 2015, lo Stato Islamico comincia a perdere terreno, e le offensive dell'esercito regolare e delle milizie a esso legate, unitamente ai raid aerei americani e alla pressione sul fronte siriano, portano alla riconquista irachena di diverse aree, incluse le città di Tikrit, Ramadi e Falluja, lasciando sotto il controllo dello Stato Islamico solo l'area di Mosul, considerata la “capitale” del Califfato in Iraq fin dalla sua presa nel 2014. Nell'ottobre del 2016 il governo dà inizio all'offensiva volta a riprendere Mosul, che si prolunga nei mesi successivi. Il 9 Dicembre 2017 il premier al-'Abadi dichiara ufficialmente vinta la guerra al Daesh.