LA GUERRA “SEGRETA” CHE HA UCCISO CESARE

L’uccisione di Cesare Tavella in Bangladesh rivendicata dall’Isis è il brutto risveglio per quanti vedono nei migranti, e solo in loro, il pericolo. Un dramma che rimette in moto le paure che dall’11 settembre 2001 allignano negli animi dell’Occidente e non solo. Cesare Tavella era un veterinario cooperante che aveva deciso di impegnarsi in un Paese povero per aiutarlo. E’ stato ucciso, hanno detto nella loro rivendicazione i miliziani dell’Isis, perché era “un crociato”. Ma più concretamente è stato assassinato perché aiutava i bengalesi a emanciparsi, a crescere. Una rivendicazione che peraltro non trova conferme e oggi, nel grande gioco della propaganda attraverso il web, tutto è il contrario di tutto, e sono in molti a sfruttare l’anonimato che la Rete offre per favorire i propri interessi.

L’episodio drammatico però, permette di mettere a fuoco importanti punti rispetto a quanto sta accadendo nel mondo. Il violento scontro tra le diverse anime dell’Islam sta dilaniando un pezzo di globo tra il Mar della Cina e l’Atlantico. La Fitna, guerra intestina, non è più solo tra sciiti e sunniti ma anche all’interno di quest’ultimi. Si combatte e si uccide per accreditarsi quale maggiori osservanti della fede di Maometto. E gli “infedeli”, i kefir, sono solo ostacoli che vanno rimossi perché alleati ora dell’una ora dell’altra parte.

La morte di Tavella sta scuotendo le coscienze. Si scopre che nessuno è sicuro. Ma questa è ormai la normalità di quella guerra asimettrica che da tre lustri dilania il mondo. Non ci sono trincee o fronti di battaglia: tutto è terreno di conflitto, tutti sono obiettivi. La scelta dell’Isis di colpire giornalisti e cooperanti è un ulteriore passo nella strategia della ferocia che contraddistingue questi terroristi che si sono fatti nazione.

Se prima Al Qaeda dirigeva i suoi attacchi contro obiettivi simbolici per poi passare a soft target in modo da aumentare l’effetto terroristico e la propaganda, oggi l’Isis punta su obiettivi casuali che solo dopo aver colpito giustifica con le sue farneticanti rivendicazioni. Soltanto analisi parziali possono pensare che nel mirino di questi terroristi 2.0 possano esserci palazzi, templi o leader: l’ordine del Califfato è colpire “chiunque stia contro di noi”. Ed ecco i kamikaze nelle moschee, contro i civili e le esecuzioni in pubblico di gay, adulteri e tutti coloro che infrangono le leggi del Califfo.

Leggi che purtroppo vediamo applicate anche in Paesi che sono rappresentati alle Nazioni Unite e consideriamo alleati. Una situazione quella in Medio Oriente che – bisogna avere il coraggio di dirlo – è stata causata da una strategia strabica. Eliminare i cosiddetti tiranni per poi consegnare le nazioni al caos. Nessun piano, nessun progetto. La spinta alle guerre preventive partorite dai conservatori statunitensi veniva solo da meri interessi economici ammantati di credibilità con la scusa dei diritti civili violati. Errori su errori che hanno portato Iraq e Siria a disintegrarsi , i loro confini non saranno più quelli di un tempo. La Libia ridotta a un’arena dove tribù milizie, qaedisti, jihadisti e militari si combattono. O l’Afghanistan dove i talebani conquistato grandi città come Kunduz e le province di Paktia e Helmand e il governo di Kabul tentenna. L’Afghanistan, dove si scopre che i militari Usa e della colazione internazionale hanno chiuso gli occhi sugli abusi verso i minori commessi dagli ufficiali del rinato esercito afghano.

In questo scenario di sangue e Gomorra i feroci combattenti neri dell’Isis diventano supereroi perché rappresentano la riscossa di un mondo; noi non lo abbiamo compreso e continuiamo a parlarci addosso.
Puntiamo il dito contro i profughi provocati alla nostra ignoranza, e intanto il Califfato fa proseliti. L’Isis è così avanti rispetto alle strategie messe in atto dall’Occidente che ha cominciato a cambiare stile nella gestione dei territori controllati. Nei giorni scorsi ha diffuso un editto a Raqqa e Mosul nel quale si comunicava ai cristiani che sarebbe stata elevata la jigyza, la tassa per i non musulmani, e sarebbe consentito loro mangiare maiale e bere vino rigorosamente tra le mura di casa. Le donne però devono uscire accompagnate da un uomo e indossare il velo. Tentativi di ammorbidimento, se non per conquistare consenso almeno per evitare rivolte. E l’Occidente continua a pensare di risolvere la questione con i bombardamenti e i muri per fermare quelli che fuggono dalle terre che seminiamo di bombe.

Quei quattro colpi al petto del cooperante Tavella sono uno schiaffo alla politica dello struzzo, quella che guarda solo nel proprio cortile e pensa che laggiù, dove le tre religioni monoteiste sono nate (e dove però oggi i cristiani sono paria e quasi scomparsi) tutto si possa risolvere cacciando un tiranno e magari pensando di trarne profitto ricostruendo le strutture di quei Paesi con i soldi di chi ha armato i terroristi.