Ndrangheta: maxi blitz contro le cosche di Reggio Calabria 21 arresti

Maxi blitz della Polizia di Stato contro le cosche reggine. L’operazione odierna della Polizia, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, ha portato all’esecuzione di 21 ordinanze di custodia cautelare in carcere. In manette numerosi capi storici, elementi di vertice, luogotenenti e affiliati alle due cosche di ‘ndrangheta De Stefano-Tegano e Libri, operanti a Reggio Calabria.

Le accuse

Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsioni in danno di imprenditori e commercianti, detenzione e porto illegale di armi, aggravati dal metodo e dalla agevolazione mafiosa. Gli investigatori della Squadra mobile di Reggio e del Servizio centrale operativo della Direzione centrale anticrimine, coadiuvati dagli operatori dei Reparti prevenzione crimine e di altre Squadre mobili italiane hanno eseguito anche numerose perquisizioni e alcuni sequestri di aziende, grazie all’impiego di circa 200 agenti.

Operazione Malefix

Malefix” è il nome che gli investigatori della Polizia di Stato hanno dato all’operazione nel corso della quale, dalle prime ore di questa mattina, nella provincia di Reggio Calabria ed in altre province d’Italia, con il supporto delle Squadre Mobili di Milano, Como, Napoli, Pesaro Urbino, Roma sono stati eseguiti numerosi arresti e perquisizioni nei confronti di capi e gregari delle storiche cosche della ‘ndrangheta DDe Stefano–Tegano e Libri operanti nella città di Reggio Calabria. Le indagini documentano l’esistenza e l’operatività delle cosche De Stefano–Tegano e Libri, in posizione di preminenza nella città di Reggio Calabria e forniscono uno spaccato di rara chiarezza sulle gravi frizioni registratesi in seno al sodalizio criminale De Stefano–Tegano e tra detta consorteria e quella dei Libri rispetto alla spartizione degli ingenti proventi delle attività estorsive poste in essere in danno di operatori economici e commerciali del centro cittadino di Reggio Calabria.

Estorsioni

Dalle attività tecniche è emerso che ciascuna consorteria raccoglieva le estorsioni secondo prassi che non tenevano conto degli accordi in base ai quali i proventi dovevano essere divisi tra le cosche di riferimento sul territorio. Antonio Libri, che aveva assunto le redini dell’omonima cosca dopo l’arresto dei capi, aveva saputo che – in occasione delle festività natalizie del 2017 – era stata raccolta da Carmine e Giorgio De Stefano una consistente somma di denaro [nell’ordine di alcune migliaia di euro], senza che nulla venisse corrisposto ai Libri. L’episodio estorsivo riguardava un noto imprenditore reggino della ristorazione, titolare anche di alcuni locali di intrattenimento. Di questo fatto Libri Antonio aveva informato De Stefano Orazio Maria, esponente di vertice dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta nonché altri esponenti della famiglia federata dei Tegano, con alcuni dei quali organizzava un summit per definire nuove e congiunte prospettive di profitto attraverso l’innovazione delle modalità operative estorsive ai danni degli operatori economici e la formazione di un gruppo misto costituito da appartenenti alle due distinte consorterie, una sorta di commissione tecnica con l’obiettivo di evitare sovrapposizioni e fraintendimenti e provvedere ad un efficiente sistema di rastrellamento estorsivo lungo tutto l’asse del centro cittadino di Reggio Calabria in danno delle attività economiche, organizzando anche l’imposizione intimidatoria delle assunzioni da parte dei gestori di attività.

Il tentativo di scissione della famiglia Molinetti

Attraverso il monitoraggio dei summit di ‘ndrangheta, gli investigatori della Polizia di Stato hanno ricostruito le dinamiche criminali che regolano il funzionamento del locale di Archi e il tentativo di scissione della famiglia facente capo a Luigi Molinetti dalla casa madre dei De Stefano storicamente egemone anche nel centro della città di Reggio Calabria. La volontà di Gino Molinetti e dei suoi figli di rendersi autonomi dai De Stefano trovava le sue ragioni nel malcontento del gruppo familiare del Molinetti, consistente nella iniqua spartizione dei proventi estorsivi, nel mancato riconoscimento di avanzamenti gerarchici all’interno della organizzazione mafiosa, nella mancata elargizione di prebende che pretendevano in virtù degli anni di fedeltà e dedizione alla cosca, nell’avversione alle pretese espansionistiche dei Molinetti sul locale di Gallico. Il timore che i dissidi con Luigi Molinetti potessero degenerare in una scissione dagli esiti incerti e pericolosi, induceva i fratelli Carmine e Giorgio De Stefano [già Condello Sibio] e ad investire della delicata questione Alfonso Molinetti, fratello di Luigi, ritenuto uno dei loro alleati più fedeli.