Vittime e carnefici, due pesi e due misure

Il mondo intero si è fermato – giustamente – a riflettere sulla foto del piccolo Aylan Al-Kurdi. In quel viaggio sono morti anche il suo fratellino più grande e la mamma. Un’immagine straziante, che è servita a risvegliare le coscienze dei popoli e dei loro governanti. Eppure di immagini così ne abbiamo viste altre, come quelle dei bambini cristiani sgozzati nel dicembre dello scorso anno. La notizia fu data dal vicario inglese di Baghdad Andrew White, appartenente alla chiesa anglicana. I terroristi islamici decapitarono quattro ragazzini, tutti minori di 15 anni, per essersi rifiutati di convertirsi all’Islam. Anche le foto di quei corpicini imbrattati di sangue arrivarono sui tavoli delle redazioni internazionali, ma in qualche modo i media hanno deciso di oscurarle, nascoste tra le pieghe di una notizia orribile ma “di giornata”, senza quel respiro che la fa diventare segno dei tempi.

Si dirà: nessuno può decidere a priori i percorsi imperscrutabili delle notizie “virali”, quelle che fanno diventare “storica” un’immagine o che decidono improvvisamente l’agenda di tutti i media internazionali. Può anche darsi, ma non è l’unico caso. Parlando delle atrocità dell’Isis, ad esempio, siamo ovviamente tutti portati a condannare chi schiaccia qualunque forma di dissenso, impedisce la libertà di religione, uccide i propri oppositori, commette crimini efferati, annulla la libertà di pensiero.

Eppure finché a commettere queste barbarie sono gli integralisti vestiti di nero “siamo tutti Charlie Hebdo”, ma quando a farlo sono sanguinari dittatori come Kim Jong Un (che ha ucciso poco tempo fa a cannonate un generale reo di essersi appisolato durante un lungo appuntamento istituzionale) o regimi totalitari come in Medio Oriente (11 Paesi su 18), in Africa (15 su 48), oppure in Cina ci dimentichiamo di scendere in piazza. I governi continuano i propri affari, il popolo guarda ma non vede, sente ma non ascolta.

Nei nostri cuori c’è “benzina” sufficiente per un singolo episodio (l’attentato a Parigi, la morte di Aylan), ma non siamo pronti a farci carico con coerenza di tutte le atrocità che accadono intorno a noi. Un po’ per colpa dei politici che hanno altre priorità, un po’ per colpa del mondo della grande informazione drogato dai poteri forti ai quali interessa più una finanza stabilmente in crescita piuttosto che una popolazione finalmente libera, e un po’ anche per colpa nostra.

E’ l’ipocrisia di fondo della società contemporanea, capace di raccogliere migliaia di firme per aprire un canile ma di girarsi dall’altra parte se un bambino muore di fame. A patto che la sua foto non faccia il giro dei social…