PROFUGHI, L’APPELLO DEL PAPA: “OGNI PARROCCHIA D’EUROPA OSPITI UNA FAMIGLIA”

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Le due parrocchie del Vaticano “accoglieranno in questi giorni due famiglie di profughi”. Lo ha annunciato Papa Francesco nel corso del consueto Angelus domenicale in piazza San Pietro. Di fronte al grido di dolore che viene dal Mediterraneo la Chiesa, dunque, deve aprire le braccia agli ultimi. Per questo il Pontefice ha rivolto un appello “alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri e ai santuari di tutta Europa ad esprimere la concretezza del Vangelo” ospitando una famiglia, a partire “dalla mia diocesi di Roma”. Bergoglio si è, in particolare, rivolto ai “fratelli Vescovi d’Europa, veri pastori, perché nelle loro diocesi sostengano questo mio appello, ricordando che Misericordia è il secondo nome dell’Amore: ‘Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me'”.

Il Santo Padre ha poi esortato i cristiani affinché non siano né muti né sordi, ma si aprano alla Parola di Dio e al rapporto con gli altri, in famiglia come nella società. “Gesù ristabilisce la piena comunicazione dell’uomo con Dio e con gli altri uomini – ha sottolineato commentando il Vangelo sulla guarigione del sordomuto – Quell’uomo che viene portato da Gesù diventa simbolo del non credente che compie un cammino verso la fede. Infatti la sua sordità esprime l’incapacità di ascoltare e di comprendere non solo le parole degli uomini, ma anche la Parola di Dio”. Osserva il Papa: “La prima cosa che Gesù fa è portare quell’uomo lontano dalla folla: non vuole dare pubblicità al gesto che sta per compiere, ma non vuole nemmeno che la sua parola sia coperta dal frastuono delle voci e delle chiacchiere dell’ambiente. La Parola di Dio che il Cristo ci trasmette ha bisogno di silenzio per essere accolta come Parola che risana, che riconcilia e ristabilisce la comunicazione”.

Bergoglio ha spiegato che “l’insegnamento che traiamo da questo episodio è che Dio non è chiuso in se stesso, ma si apre e si mette in comunicazione con l’umanità. Nella sua immensa misericordia, supera l’abisso dell’infinita differenza tra Lui e noi, e ci viene incontro. Per realizzare questa comunicazione con l’uomo, Dio si fa uomo: non gli basta parlarci mediante la legge e i profeti, ma si rende presente nella persona del suo Figlio, la Parola fatta carne. Gesù è il grande ‘costruttore di ponti’ – da cui deriva la parola pontefice – che costruisce in se stesso il grande ponte della comunione piena con il Padre”. Ma, ha sottolineato “questo Vangelo ci parla anche di noi: spesso noi siamo ripiegati e chiusi in noi stessi, creiamo tante isole inaccessibili e inospitali. Persino i rapporti umani più elementari a volte creano delle realtà incapaci di apertura reciproca: la coppia chiusa, la famiglia chiusa, il gruppo chiuso, la parrocchia chiusa, la patria chiusa…”. Eppure, ha ricordato Francesco, “all’origine della nostra vita cristiana, nel Battesimo, siamo stati guariti dalla sordità dell’egoismo e dal mutismo della chiusura e siamo stati inseriti nella grande famiglia della Chiesa. Possiamo ascoltare Dio che ci parla e comunicare la sua Parola a quanti non l’hanno mai ascoltata o a chi l’ha dimenticata e sepolta sotto le spine delle preoccupazioni e degli inganni del mondo”.