SCHENGEN “DISTRUTTA” DAI MIGRANTI

Per anni l’Italia lo ha gridato in ogni seduta internazionale, ma il peso specifico del Belpaese è sempre stato troppo piccolo per sortire alcun effetto. Le diatribe interne poi, il susseguirsi vertiginoso di governi, il debito pubblico alle stelle, non ci hanno mai dato quella credibilità necessaria a dettare l’agenda europea. Ora però si “svegliano” anche gli altri. Il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, accusa i Paesi dell’est d’Europa, e in particolare l’Ungheria (che fa parte dell’area Schengen, e sta costruendo un muro lungo il confine con la Serbia per contenere l’accesso di migranti, che ritiene una minaccia a sicurezza, prosperità e identità europee), definendo “scandalosa” la politica condotta nei confronti dei rifugiati, e affermando che va contro i valori dell’Unione europea.

Parlando della crisi migratoria ai microfoni della radio Europe 1, Fabius ha detto: “Ogni Paese deve rispondere a questo. Francia, Germania e altri lo fanno, ma poi vedo certi Paesi che non accettano questi gruppi, lo trovo scandaloso” e “in particolare i Paesi dell’Europa dell’est. Sono estremamente duri”. Parole chiare, che però cozzano con l’atteggiamento tenuto dalla gendarmerie francese a Ventimiglia, quando dall’Italia i profughi cercavano di trasferirsi oltralpe. Ma tant’è. “L’Ungheria fa parte dell’Europa, che ha dei valori, e noi non rispettiamo quei valori issando recinzioni”, ha proseguito Fabius.

Chi invece pensa a un nuovo giro di vite è Theresa May, il ministro britannico dell’Interno: “Il sistema di immigrazione interno all’Unione europea è fuori controllo”. L’Inghilterra chiede una riforma della libera circolazione comunitaria, in modo da autorizzare la permanenza in Gran Bretagna soltanto a chi possiede un lavoro e chiudendo invece le porte ai disoccupati che provengono da altri paesi Ue, che sono in deciso aumento nel Regno. Secondo dati diffusi nei giorni scorsi, il saldo migratorio nel Paese ha infatti raggiunto il “massimo storico” su dodici mesi (da marzo 2014 a marzo 2015), pari a 329mila persone.

In un editoriale sul Sunday Times, May definisce l’attuale livello dell’immigrazione “non sostenibile”, in quanto mette troppa “pressione sulle infrastrutture, come case e trasporti, e i servizi pubblici, come scuole ed ospedali”. Il ministro, sottolinea che l’immigrazione dai paesi Ue è più che raddoppiata rispetto al 2010, ed “è per questo che la volontà del governo di rinegoziare la relazione della Gran Bretagna con l’Ue è così importante”. La May sostiene che “ridurre l’immigrazione al netto dall’Ue non significa un mancato rispetto del principio di libera circolazione. Quando è stata inizialmente sancita, libera circolazione significava libertà di spostarsi per lavorare, non libertà di attraversare le frontiere per cercare un lavoro o usufruire delle politiche previdenziali”.

Secondo il ministro britannico, l’accordo di Schengen, che elimina i controlli sistematici alle frontiere e al quale la Gran Bretagna non aderisce, ha alimentato la crisi dei migranti. Le tragedie di quest’estate, afferma May, “sono state esasperate dal sistema europeo della libera circolazione”. E così, tra richiesta di apertura (per gli altri) e chiusura a riccio (nei propri confini) i Paesi europei mettono in agenda la discussione sui migranti. Stavolta per trovare soluzioni reali e non solo caritatevole solidarietà e qualche spicciolo di finanziamenti. Cose che – come detto all’inizio – l’Italia va dicendo inascoltata da tempo.