NASA, ALLARME INNALZAMENTO DEGLI OCEANI: IN 20 ANNI 8 CENTIMETRI

Per molti secoli, il livello dei mari è rimasto relativemente costante, permettondo così alle comunità umane di insediarsi lungo le coste. Ora il livello degli oceani è in aumento in tutte le zone del pianeta. Secondo i risultati di un nuovo studio della NASA, dall’inizio del XX secolo, il livello dei mari è cresciuto di circa 20 cm e ancora di altri 8 cm negli ultimi 20 anni. “Tutti i segnali indicano che questo aumento sta accelerando”. La cosa che preoccupa di più la Nasa e le altre agenzie spaziali è cosa potrebbe accadere alle antiche calotte di ghiaccio che ricoprono la Groenlandia e l’Antartide, sempre più instabili.

Tom Wagne, membro del cryosphere program della Nasa, è molto preoccupato: “Dai dati paleoclimatici abbiamo visto che, se le calotte andranno rapidamente in pezzi,  un aumento del livello degli oceani di ben 10 piedi in un secolo o due è possibile. Stiamo osservando l’evidenza che le calotte di ghiaccio si stanno muovendo, ma dobbiamo capire meglio prima di poter dire che siamo in una nuova era di rapida perdita di ghiaccio».

Nel 2002 la Nasa e l’Agenzia Spaziale Tedesca lanciarononell’orbita terrestre il Gravity Recovery and Climate Experiment, e Grace satelliti gemelli che misurano i movimenti della massa, e quindi la gravità, della Terra ogni 30 giorni. Se le masse terrestri sono stabili, le masse d’acqua sono molto dinamiche e Grace registra questi movimenti in tutto il pianeta. Un altro nuovo sistema è Argo, una rete internazionale di oltre 3.000 sensori oceanici galleggianti in mare aperto.

Grazie a queste osservazioni, ora sappiamo che per un terzo è causato dal riscaldamento degli oceani e per due terzi dallo scioglimento dei ghiacci. I satelliti hanno anche dimostrato che il livello degli oceani non è uniforme ovunque, ma che può variare fino a 2 metri da  un’area all’altra del globo. Anche l’aumento del livello de mare non è uniforme: gli scienziati della Nasa spiegano che “Le differenze regionali del livello del mare sono dominate dagli effetti delle correnti oceaniche e dei cicli naturali come il fenomeno di El Niño e della Pacific Decadal Oscillation”. Mentre le calotte glaciali continuano a sciogliersi, gli scienziati prevedono che la loro fusione “Supererà le cause naturali come fonte più significativa delle variazioni regionali e come contributo più significativo alla crescita complessiva del livello del mare». e alla Nasa commentano: «Non avete ancora visto niente”.

I dati di Grace mostrano che la perdita di ghiaccio sta accelerando soprattutto in Groenlandia e nell’Antartide occidentale. Dal 2004, la Groenlandia ha perso in media 303 miliardi di tonnellate di ghiaccio all’anno, mentre l’Antartide ha perso in media 118 miliardi di tonnellate di ghiaccio al’anno. La perdita di ghiaccio della Groenlandia è aumentata di 31 miliardi di tonnellate di ghiaccio ogni anno a partire dal 2004, mentre l’Antartide occidentale ha subito un’accelerazione della perdita di massa di ghiaccio di 28 gigatonnellate all’anno.

La calotta glaciale della Groenlandia, che si estende su una superfive di oltre 106.000 Km2 e che raggiunge uno spessore maggiore ai 3 Km, può far aumentare il livello degli oceani di 6 metri. La crisi della calotta polare della Groenlandia è emersa in tutta la sua evidenza nei primi anni 2000 con il  ghiaccio Jakobshavn  che ha raddoppiato la sua velocità di scorrimento verso il mare, che è diventato il simbolo di questo radicale mutamento in corso.

La calotta antartica si estende su una superficie di oltre 8,700 Km2, cioè un’area più grande degli USA e dell’India messi insieme, contenente abbastanza ghiaccio da far alzare il livello degli oceani di circa 58 metri.  La Penisola Antartica mostra i primi evidenti segni dell’impatto dei cambiamenti climatici in Antartide, con il distacco di colossali iceberg. Nel 2014 due diversi studi si sono trovati d’accordo sul fatto che i ghiacciai del Mare di Amundsen si stanno sciogliendo in maniera inarrestabile e che, entro 200 o 1.000 anni, da soli faranno crescere il livello del mare di oltre 3,5 metri.

Ted Scambos , del National Snow and Ice Data Center dell’università del Coloradio, afferma: “Abbiamo imparato così tanto dai satelliti che negli ultimi 20 anni abbiamo surfato sul’onda delle nuove conoscenze. Ma ora, per andare oltre, dobbiamo cercare di avere gli strumenti sul terreno, pur mantenendo la capacità che abbiamo con le missioni aeree e satellitari, per guardare le calotte glaciali da una prospettiva globale”.