“I FABBRICANTI DI DROGHE VANNO CHIAMATI CRIMINALI”

“L’educazione e la famiglia sono sempre il punto di partenza, ma la droga è il sintomo di un disagio profondo interiore, di un’incapacità dell’uomo di creare legami forti, di dare risposte alle domande fondamentali della vita; tutto parte dal bisogno di colmare quel vuoto”. (CLICCA PER ASCOLTARE LA TRASMISSIONE –  l’intervento di don Aldo dal minuto 14)

Sono parole di don Aldo Buonaiuto, della Comunità Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi, intervenuto su Radio Vaticana in occasione della presentazione del 53° Congresso Mondiale dell’Associazione internazionale dei Tossicologi Forensi che si volgerà a Firenze dal 30 agosto al 4 settembre. Vi partecipano scienziati provenienti da 63 Paesi e sarà effettuato un focus sulle nuove sostanze psicoattive in commercio, in particolare. la comparsa di sempre nuove e più pericolose sostanze su internet, la diffusione di droghe da stupro tra i giovani che rischiano danni irreparabili al cervello ed alle funzioni cognitive.

Ma al di là dell’aspetto tossicologico, ce n’è uno certamente più importante, quello umano. “Il problema della droga – ha detto don Aldo – è un problema di significato di vita, l’uomo ha bisogno di uno scopo per vivere, quando non lo trova ecco che si riempie di surrogati”.

Negli anni si è assistito a una sorta di competizione tra chi produce droghe e chi cerca di individuarle. “Ma attenzione – ammonisce don Aldo -. Quelli che fabbricano droghe sintetiche qualcuno li chiama scienziati, sbagliando: vanno chiamati criminali, perché sono fabbricanti di morte”.

La droga arriva ovunque – e le cronache lo dimostrano – circolando sulle strade del profitto, dell’egoismo più profondo: nelle discoteche, nei club, nei locali. “Oggi non ci si diverte più – dice don Aldo – se non c’è cocaina, smart drug o cose simili; tutto ciò dovrebbe servire per poter avere una bella serata, illudendo la persone di essere felice, eccitando al massimo le sue potenzialità. Così si spinge l’uomo verso la dipendenza, illudendolo di essere più forte”.
Non basta recuperare i giovani e salvare loro la vita; come insegnava don Oreste Benzi, bisogna andare a ricercare le cause che provocano questa ingiustizia insopportabile.

La comunità Papa Giovanni XXIII ha recuperato migliaia di giovani dagli Anni 80 a oggi. Ragazzi e ragazze che hanno fatto con successo il percorso terapeutico, una strada difficile, in salita, che richiede anche grandi sacrifici, ma anche grandi soddisfazioni. La prima tra tutte è la possibilità di incontrare qualcuno, con la Q maiuscola, e cioè Dio. Che è poi il vero senso profondo dell’esistenza umana.

Un giorno – racconta ancora don Aldo Buonaiuto – ad un giornalista che chiedeva a uno dei ragazzi quale fosse la differenza tra quando si drogava e quando non si drogava più, lui rispose che preferiva metterla sotto un altro punto di vista: tra prima, che non conosceva Dio, e dopo, quando l’aveva incontrato”. Un racconto illuminante, così come la considerazione finale: “Si sta cercando di far passare la cocaina come una sostanza piacevole, da inserire nel menu di un party… Qualcuno non vorrebbe più neanche definirla droga. Ecco, questo deve far paura: quando il male – ciò che nuoce, che danneggia – viene proposto come qualcosa di normale.