UCRAINA, LA GUERRA DIMENTICATA

“Un aereo passeggeri della Malaysia Airlines MH17 è stato raggiunto da un missile e si è schiantato al confine fra Russia e Ucraina. A bordo c’erano 298 persone, tra le quali a quanto pare 80 bambini: 283 passeggeri (154 olandesi uno dei quali aveva anche la cittadinanza italiana, 27 australiani, 23 malesi, 23 statunitensi, 11 indonesiani, 9 britannici, 4 tedeschi, 4 belgi, 4 francesi, 3 filippini ed un canadese – del resto dei passeggeri è ignota la nazionalità) e 15 membri dell’equipaggio”. Era il luglio 2014, e ormai da un anno la guerra tra i separatisti ucraini e i filo russi nel nord del Paese occupava le prime pagine di tutti i giornali.

Dopo quell’episodio, il flusso di notizie sull’est europeo si è interrotto, quasi fosse precipitato insieme all’aereo. La guerra è scomparsa dai telegiornali, sostituita dalle notizie sull’Isis, ma non dalla vita reale. Gli scontri sono continuati, così come la conta delle vittime dall’una e dall’altra parte. I movimenti di truppe si sono intensificati, soprattutto nei posti di frontiera, quasi che lo scontro finale fosse a un passo.

Un silenzio inspiegabile durato mesi, rotto soltanto dal Pontefice allorché lo scorso giugno ha chiesto a Putin, ricevuto in udienza a Roma, di “impegnarsi in un sincero e grande sforzo per la pace”. Il leader russo e il Papa hanno convenuto sull’importanza di ricostruire un clima di dialogo con l’obiettivo di attuare gli accordi di Minsk. Poi Francesco ha fatto presente l’emergenza umanitaria, chiedendo corridoi per chi vuole portare aiuto nella regione.

Un’emergenza che è drammaticamente reale ancora oggi. Nel Donbass infatti la guerra prosegue con il suo strascico di morte e distruzione. Nonostante la fragile tregua siglata a febbraio, infatti, negli ultimi giorni si registra un’escalation nel conflitto e, solo nelle ultime 24 ore, sette militari ucraini sono morti e 13 sono rimasti feriti. Mentre i ribelli da parte loro denunciano l’uccisione di un civile e il ferimento di altri tre in un bombardamento d’artiglieria delle truppe di Kiev sulla loro roccaforte, Donetsk.

Una tenue speranza arriva dalla capitale bielorussa, dove mercoledì, in una riunione del ‘Gruppo di contatto’ (Osce-Kiev-Mosca-separatisti), le autorità ucraine e i ribelli filorussi si sono detti d’accordo per far tacere i cannoni a partire dal primo settembre – giorno in cui inizia ufficialmente il nuovo anno scolastico – per non mettere in pericolo la vita degli scolari. Ma denunciando per l’ennesima volta le continue violazioni degli accordi di Minsk da parte dei filorussi e della Russia, nel corso di una visita a Bruxelles il presidente ucraino Petro Poroshenko ha chiesto a Mosca un cessate il fuoco da “subito” senza aspettare il primo settembre perché – ha sottolineato – non ha senso “avere altre vittime”.

Nel frattempo la vicenda ucraina si è arricchita anche di un “giallo” su presunti risarcimenti dati da Mosca a combattenti anti-Kiev. Delovaia Zhizn, una testata russa di economia e affari, in un articolo online dall’innocente titolo “Aumenti delle remunerazioni per i militari nel 2015”, ha inserito un paragrafo nel quale che il primo febbraio scorso il governo di Mosca aveva versato circa 50.000 dollari (tre milioni di rubli) alle famiglie di 2.000 soldati caduti nel sud-est ucraino e 25.000 (un milione e mezzo di rubli) a 3.200 militari rimasti invalidi. Inoltre – sempre stando all’articolo citato -, i militari a contratto ricevono da Mosca poco meno di 30 dollari per ogni giorno di guerra. La testata ha cancellato le frasi “incriminate” affermando essere state inserite da un hacker e non dalla redazione. Il Cremlino è rimasto in silenzio. E non è un buon segno.

Intanto si continua a morire. Almeno due civili sono stati uccisi in un bombardamento nella notte nel quartiere Petrovski di Donetsk; a detta del “sindaco” della roccaforte dei separatisti, Igor Martinov, sarebbe opera dell’esercito di Kiev. Se dunque la stampa ha smesso di parlare, le armi – purtroppo – ancora no.