LA CORTE EUROPEA: “GLI EMBRIONI NON SONO COSE”

Una giornata importante per i movimenti in difesa della vita. La Corte europea dei diritti umani, infatti, con una sentenza definitiva ha stabilito il divieto di utilizzare gli embrioni per la ricerca scientifica. Secondo i giudici l’articolo 13 della legge 40/2004 (sottoposta nel suo complesso a diverse “bordate” dalla magistratura italiana), quello cioè che vieta la sperimentazione sugli embrioni, non viola il diritto al rispetto della vita privata non viola i diritti delle persone. La Corte ha così riconosciuto all’Italia un ampio margine di manovra su una questione così delicata su cui non esiste consenso a livello europeo.

La sentenza di Strasburgo, però, non rappresenta l’ultima parola sulla questione: sarà infatti la Corte Costituzionale a doversi esprimere, dopo aver già colpito – come accennato – alcuni capisaldi della controversa legge 40. In questi anni sono stati infatti eliminati il divieto di produzione di più di tre embrioni e crioconservazione, l’obbligo contemporaneo di impianto di tutti gli embrioni prodotti, il divieto di fecondazione eterologa e di accesso alla diagnosi pre-impianto per le coppie fertili ma portatrici di malattie genetiche.

Stavolta il caso era stato sollevato da Adelina Parrillo, compagna di uno dei soldati italiani morto a Nassiriya. I giudici, nel bocciare la richiesta, hanno anche sottolineato che non è sicuro che il compagno della Parrillo avrebbe voluto donare gli embrioni alla scienza. Gli stessi giudici hanno ritenuto che il diritto alla proprietà invocato dalla Parrillo “non può applicarsi a questo caso, dato che gli embrioni umani non possono essere ridotti a una proprietà come definita dall’articolo 1 protocollo 1 della convenzione europea dei diritti umani”.

Un caposaldo dunque è stato raggiunto: gli embrioni non sono semplice materiale biologico da utilizzare per esperimenti scientifici. Per il presidente del Movimento per la Vita italiano, Gian Luigi Gigli “è stato riaffermato il principio che l’embrione umano non è una ‘cosa’ di proprietà di cui gli adulti che lo hanno prodotto possono disporre a piacimento. L’embrione dunque si distingue come ‘altro’ rispetto a chi lo ha generato, potendo dunque godere, per la legge italiana, di diritti propri”.

Quello degli embrioni congelati è un problema aperto. Gli embrioni soprannumerari (cioè che non sono stati impiantati) e dichiarati in stato di ‘abbandono’ nei vari centri di procreazione medicalmente assistita in Italia sono circa 3.000; la condizione di ‘limbo’ biologico può durare per un tempo indeterminato. La vita ‘sospesa’ nella quale si trovano gli embrioni congelati e immersi nell’azoto liquido alla temperatura 197 gradi sotto zero ha trovato un record nel 2010, quando in Gran Bretagna è stato ‘risvegliato’ un embrione congelato da 20 anni. Per un altro embrione congelato 19 anni fa, una donna di Bologna lo scorso anno marzo ha ottenuto l’ok all’impianto.

Nel mondo la prima bambina “arrivata dal freddo” è stata Zoe, nata in Australia nel 1984. Il primo record di conservazione è stato battuto nel 1999 negli Stati Uniti, con un bambino nato dopo sette anni e mezzo; nel 2004 in Israele sono nati due gemelli da embrioni conservati per 12 anni; nel 2006 in Spagna è nato un bimbo da un embrione conservato per 13 anni e nel 2010 in Gran Bretagna è nato un bambino da un embrione conservato per 20 anni.

La posizione della Chiesa Cattolica è chiara: dal momento in cui l’ovulo è fecondato, si inaugura una vita che non è quella del padre e della madre, ma di un nuovo essere umano che si sviluppa per proprio conto. Non sarà mai reso umano se non lo è stato fin da allora. A questa evidenza di sempre la scienza genetica moderna fornisce preziose conferme. Essa ha mostrato come dal primo istante si trovi fissato il programma di ciò che sarà questo vivente: una persona e questa persona rappresenta un individuo con le sue note caratteristiche già ben determinate. Un essere umano dunque, e non mero materiale biologico: esattamente quanto affermato dalla Corte europea.