VIETATO ALLE DONNE

Le notizie sono arrivate a poche ore l’una dall’altra. Prima la performance da applausi nel profitto scolastico, poi le minacce di morte, tanto da costringere la polizia inglese a metterla sotto scorta come fosse il primo ministro. E’ un altro capitolo della incredibile storia di Malala, la più giovane vincitrice del Premio Nobel per la pace, nota per il suo impegno per l’affermazione dei diritti civili e per il diritto all’istruzione All’età di undici anni è diventata celebre per il blog, da lei curato per la Bbc, nel quale documentava il regime dei talebani pakistani, contrari ai diritti delle donne. Il 9 ottobre 2012 è stata gravemente colpita alla testa da uomini armati saliti a bordo del pullman scolastico su cui lei tornava a casa. Ricoverata nell’ospedale militare di Peshawar, è sopravvissuta all’attentato dopo la rimozione chirurgica dei proiettili. Ihsanullah Ihsan, portavoce dei talebani pakistani, ha rivendicato la responsabilità dell’attentato, sostenendo che la ragazza “è il simbolo degli infedeli e dell’oscenità”.

Quest’ultima non consisteva nel mostrarsi discinta, né nell’usare parole grevi, né nell’insultare Maometto; ma nel “pensare”. Una donna non deve acculturarsi, perché ciò vuol dire prendere coscienza, interagire col mondo, acquisire potere. Che inevitabilmente, come in una sorta di vaso comunicante culturale, viene perso da chi in quel momento lo detiene. Ecco quindi che la pagella da prima della classe diventa un affronto inaccettabile da chi ha fatto dell’annichilimento delle menti la propria missione di terrore. Ed ecco le nuove minacce.

Attenzione però, perché la notizia innesca due distinte riflessioni. La prima, è che sarebbe sbagliato per l’ennesima volta assimilare il comportamento di fanatici integralisti a quello dei musulmani tout court. Il mondo islamico non è tutto così chiuso nei confronti dell’istruzione femminile, anzi; e dunque non è corretto giudicare questo episodio con questo parametro.

La seconda riguarda l’Occidente, che in episodi come questo si sente il primo a poter dare lezioni al resto dell’universo. Eppure proprio ieri sono usciti i risultati di un sondaggio nazionale del portale UniversiNet su un campione di oltre 16 mila studenti. Nove su dieci reputano la “spintarella” determinante, meglio se dietro una prestazione sessuale piuttosto che pagamento di denaro.

Per superare i test di ammissione ai corsi di laurea a numero chiuso – insomma- nella culla della civiltà, l’Italia, è determinante la raccomandazione. Non solo, secondo i dati raccolti dal portale, i giovani si affiderebbero più alla raccomandazione dietro prestazione sessuale, indicandola come più efficace. E in questo contesto, oltre il 90% della prestazione viene chiesto a donne. Siamo davvero così culturalmente diversi dai talebani, quanto a rispetto dell’identità femminile nell’approccio allo studio?