SUL GOVERNO DI ERDOGAN L’OMBRA DEL VOTO ANTICIPATO

Il primo novembre è la data proposta dalla commissione elettorale per tornare nuovamente alle urne dopo il fallimento dei negoziati per formare un governo di coalizione a seguito del voto del 7 giugno. Il premier Ahmet Davutoglu, il cui Partito per la giustizia e lo sviluppo Akp ha perso la maggioranza assoluta dei seggi parlamentari, ha annunciato al presidente Recep Tayyip Erdogan nei giorni scorsi di non essere riuscito a trovare una coalizione che gli consenta di governare.

In base a quanto previsto dalla legge, Erdogan dovrebbe ora dare l’incarico di governo al leader del secondo partito, il socialdemocratico Partito repubblicano del popolo (CHP). Ma ieri ha fatto capire che questo non accadrà. Se Erdogan deciderà di indire le elezioni anticipate,andrà al potere un “governo elettorale” che guiderà il Paese fino al giorno del voto e sarà supportato dai 4 partiti che siedono in parlamento. Di fronte a questa prospettiva però il Chp e il partito dei nazionalisti del Mhp hanno annunciato la loro volontà di non partecipare.

Intanto prosegue l’offensiva aerea della Turchia contro i campi del Pkk curdo al confine con l’Iraq. Secondo alcune fonti locali si tratta di una risposta all’attentato che ieri ha ucciso 8 militari di Ankara nella provincia sudorientale di Siirt. Da circa un mese infatti la situazione nel Paese è molto tesa: il 20 luglio lo Stato Islamico ha rivendicato l’attacco nella città turca di Saruc, in cui sono rimaste uccise 28 persone. Come reazione alla strage Erdogan ha dato il via ad una serie di bombardamenti contro le postazioni dell’Isis in Siria e allo stesso tempo contro i ribelli dei Lavoratori del Kurdistan, con cui Ankara aveva stabilito una tregua due anni fa. I membri del Pkk da parte loro, hanno da subito accusato la Turchia di essere responsabile dell’attentato e di non aver fatto abbastanza per fermare il Califfato.