ALCOL E DROGHE, GIOVENTU’ BRUCIATA

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Un ragazzo di sedici anni stroncato da un arresto cardiocircolatorio provocato dall’ecstasy, un diciannovenne morto dopo aver sorseggiato una misteriosa bevanda, tre giovani finite in coma etilico alla fine di una notte brava sulle spiagge di Brindisi. E poi il mistero della sedicenne di Messina, trovata cadavere sulla battigia privata del Circolo del Tennis e della Vela. Teenager come tanti usciti in una notte di questa torrida estate e mai più rientrati a casa o, nella migliore delle ipotesi, svegliatisi su un letto d’ospedale. Storie della movida sregolata, della noia che si trasforma in trasgressione o della voglia di sentirsi adulti per una sera dando un morso al frutto proibito. E d’improvviso ci accorgiamo che così non si può andare avanti. Che gli adolescenti vanno seguiti, allontanati dalle cattive compagnie, cresciuti secondo valori sani. Sempre dopo, ovviamente.

A uccidere e a provocare malori sono quasi sempre alcol e droga. Sostanze assunte per sentirsi più leggeri per qualche ora. Per mettere da parte i problemi o, più semplicemente, per provare. Uno studio del 2014 dell’ Osservatorio Adolescenti di Telefono Azzurro e DoxaKids (2014) ha rivelato che almeno il 13% dei giovani tra gli 11 e i 19 anni ha ammesso di fare uso di stupefacenti, senza distinguere tra “pesanti” e “leggeri”. Dato sottostimato se si considera che circa la metà degli intervistati ha dichiarato di conoscere almeno un consumatore abituale. Ancor più spaventoso è il risultato di una ricerca dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr di Pisa condotto su 54 mila studenti delle scuole medie superiori. Il 2,3% degli intervistati ha affermato di essersi drogato senza conoscere il tipo di sostanza che stava assumendo. Una roulette russa che va in scena potenzialmente ogni giorno e le cui conseguenze non hanno bisogno di essere descritte.

Per quanto riguarda l’alcol i numeri sono ancora più allarmanti. Sempre il Telefono Azzurro segnala che il 50,6% degli adolescenti dagli 11 (sic!) ai 19 anni ha affermato di aver bevuto e il 49,9% di essersi ubriacato almeno una volta. A rendere ancor più oscuro il quadro c’è poi l’esplosione del fenomeno “binge drinking” che consiste nel mandare giù cocktail e distillati in un breve lasso di tempo in modo da raggiungere subito lo stato di ebbrezza desiderato. Questa pratica, che coinvolge almeno il 60% dei ragazzi sentiti dalla Fondazione Italiana Ricerca in Epatologia, spesso è associata al successivo compimento di un reato e ha gravi ripercussioni sulla salute, potendo recare danni permanenti al cervello e al fegato. L’alcol provoca mediamente 17 mila morti l’anno in Italia ed è la prima causa di decesso fra i giovani.

Ma spesso, per chi cerca la sua “notte da leoni”, un bicchiere o una tirata non bastano. Per sballare allora diventa necessario bere e drogarsi contemporaneamente. E’ il cosiddetto “poliabuso”, particolarmente diffuso tra i teenager come ha confermato uno studio dell’Osservatorio Adolescenti. I rischi maggiori sono naturalmente quelli per la salute e per la sicurezza, di se stessi e degli altri, a breve come a lungo termine: la ridotta lucidità mentale, il rischio di incidenti stradali, ridotte performance o drop-out scolastico, sviluppo di una dipendenza (da una sola sostanza o mista).

La drammatica situazione che coinvolge tanti, troppi, ragazzi è stata ben raccontata dal direttore del Dipartimento di neuroscienze dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano, lo psichiatra Claudio Mencacci, il quale all’Adnkronos ha parlato di “giovani dalle passioni tristi alla ricerca di emozioni forti”. Di teenager lasciati allo sbando in “una cultura del binge che si applica alle droghe, come all’alcol o al cibo”. E che diventa “una corsa a superare ogni limite e a perdere il controllo, nella drammatica ignoranza di ciò che si prende e dei possibili effetti delle varie modalità di assunzione”. Una cultura della trasgressione che porta “dal ballo alla morte” in “pochissimo” senza dare al consumatore il tempo di accorgersi. E alle famiglie non resta che piangere.