L’ESERCITO DEI CALCIATORI DISOCCUPATI

Per chi ama il calcio l’estate è la stagione dei sogni. Il precampionato, il raduno, le promesse di dirigenti e giocatori e poi il calciomercato, l’asta multimilionaria che infiamma il pianeta da nord a sud, da est a ovest. E unisce, idealmente, tutti gli sportivi del mondo, a prescindere dall’età, dalla condizione sociale e dalla provenienza geografica. Perché immaginare un Messi o un Cristiano Ronaldo con indosso la maglia della propria squadra è una cosa innocente, e soprattutto non costa niente. Ma c’è qualcuno nel multiforme universo del pallone per il quale questa campagna trasferimenti sarà un momento di angoscia e ansia, di trepidazione, di unghie mangiate per il nervosismo, di telefonini guardati decine di volte in attesa della chiamata che possa rimettere sui binari una carriera in bilico. Sono i calciatori disoccupati, un esercito silenzioso di talenti mai sbocciati, di nomi un tempo sul taccuino di allenatori e direttori sportivi poi caduti nel dimenticatoio, di ragazzi che hanno scelto la squadra sbagliata o si sono fatti in quattro sui campacci di periferia senza riuscire a fare il salto. E ora osservano i più fortunati, gli adoni di questa società piegata al materialismo, immortalati dai paparazzi tra una Ferrari e una soubrette. Uno schiaffo ai sacrifici di una vita.

Sono tanti, troppi per l’Associazione italiana calciatori – il sindacato di categoria – che nel 2014 li aveva quantificati in circa 30 mila unità. E oggi, complice il fallimento di alcuni club e la crisi finanziaria che fagocita lo sport più amato, potrebbero essere ancora di più. Per consentirgli almeno di allenarsi l’Aic e la Federcalcio da 28 anni li accolgono durante l’estate nel Centro Tecnico Federale di Corverciano (Fi). In questa stagione a fare richiesta sono stati in 63, una quota minima ma comunque significativa di ragazzi usciti dal giro. Il mini ritiro ha un costo, 300 euro, e dura una ventina di giorni (è iniziato il 20 luglio ed è terminato il 7 agosto). A loro disposizione sono messi circa 20 tra tecnici e preparatori che contemporaneamente stanno frequentando il corso Uefa B, abilitante per le squadre inferiori e sino alla Serie D. Uno staff di tutto rispetto che continua a farli sentire atleti nonostante la mancanza di lavoro.

Nel gruppo che venerdì ha chiuso la sua esperienza a Coverciano non i nomi noti. Almeno due vengono dal Parma, storica società tornata tra i dilettanti a causa di una sciagurata gestione finanziaria. Uno è Daniele Galloppa, una vita nelle giovanili della Roma prima dell’approdo alla Triestina, da cui è iniziata l’avventura nel calcio professionistico che lo ha portato, dopo qualche anno, nel club emiliano. E’ un centrocampista moderno, Daniele e conta 51 presenze nelle diverse nazionali, di cui due in quella maggiore. “Il pallone – spiega – è lo specchio dell’Italia e la nostra storia è solo la punta dell’iceberg”. Per quasi un anno come i suoi compagni non ha ricevuto stipendi ma è andato in campo fino alla fine. E la delusione non è passata. “Sembra sputare nel piatto in cui ho mangiato per un decennio – prosegue – ma sono riusciti a farmi disinnamorare di questo sport”. Il suo futuro, a 30 anni, è comunque ancora il calcio, magari all’estero, dove meritocrazia e professionalità non sono solo parole vuote.

A condividere la sua condizione c’è anche Alessandro Lucarelli, che a 38 anni ha deciso di non mollare. Da quando ha esordito ha girato l’Italia da Nord a Sud, toccando anche Livorno, squadra della sua città in cui ha giocato insieme al fratello Cristiano, bomber di razza e idolo ancora incontrastato nel capoluogo toscano. Alla sua età magari gli staranno consigliando di appendere gli scarpini al chiodo ma lui non ci pensa. Sarebbe troppo brutto mettersi in borghese dopo un fallimento come quello del Parma, di cui da 7 anni è argine difensivo. Ha deciso di restare con i gialloblu nonostante la Serie D e la precarietà della sua posizione lavorativa. Poi dicono che le bandiere non esistono più.

Di squadre che falliscono, Elia Legati, 29 anni, ex Primavera del Milan ne ha viste due. Di seguito. Prima il Padova in B e poi l’Unione Venezia, una delle otto squadre “cancellate” dai problemi economici dopo l’ultima stagione di Lega Pro. “Sto tirando avanti senza stipendio da febbraio- spiega – e qualche offerta è arrivata. La devo valutare anche se non accetterò prima della fine del ritiro, perché voglio prendere il patentino”. La Lupa Castelli Romani, squadra di Federico Masi, classe 1990, non è fallita, ma ha deciso comunque di non rinnovargli il contratto. Romano di Grottaferrata, a 18 anni e 2 mesi ha esordito in Champions League con la Fiorentina di Cesare Prandelli. Una carriera con stipendi “normali” a cui si è accompagnata l’Università, facoltà di Giurisprudenza. Uno che conosce il sacrificio ma al quale non viene riconosciuto. “Per fortuna- racconta – non ho abbandonato e ora mi mancano due esami alla laurea triennale”. Grazie all’università ha partecipato e vinto l’oro alle Universiadi 2015, sapendo già di non essere stato riconfermato.

Le storie in questo ritiro speciale non mancano. Come quella di Matteo Gritti, portiere dell’80, che ha girato l’Europa e ha conosciuto il carcere per lo scandalo del calcioscommesse, da cui è uscito pulito, almeno a livello sportivo. Si è reinventato facendo il call center e il panettiere, poi ha mandato un cv in un istituto professionale per insegnare. Un modo per sfruttare la sua laurea in Economia. Ora cerca di rientrare nel giro del calcio, in una squadra in cui possa allenarsi e giocare, tra una lezione e l’altra. Nomi e facce di ragazzi che per seguire la propria passione hanno rinunciato alla loro vita di adolescenti. Che sanno cosa vuol dire allenarsi tre volte la settimana quando gli amici passano le serate in un locale o giocare la domenica mattina sui campi gelati. E che ora vedono il loro sogno svanire nell’indifferenza. Mentre noi stiamo lì a sfogliare il quotidiano sportivo, pronti ad accogliere in un bagno di folla questo o quel calciatore dal nome esotico. E’ questa, forse, la vergogna più grande.