MENTRE MARINO DISTRUGGE I NUMERI ROMANI IL NEW YORK TIMES BOCCIA LA CAPITALE

“L’erba nei parchi arriva all’altezza delle ginocchia, la metro funziona a rilento per la protesta degli autisti, un incendio ha semiparalizzato l’aeroporto, il susseguirsi di arresti dei pubblici amministratori fa emergere un quadro devastante dell’infiltrazione mafiosa nel governo della città”. Stavolta la figuraccia, per Roma, si consuma sulla prima pagina del New York Times, il giornale più famoso e importante al mondo.
L’antica Roma si sgretola sotto i loro occhi, ma i cittadini nutrono ormai scarsa fiducia nelle capacità del loro sindaco di salvarla dal “degrado”.

L’articolo si dilunga su tutta la vicenda di Mafia Capitale e sul perverso intreccio tra criminalità e politica. “Sono stato aggressivo in modo chirurgico fin dall’inizio – si difende Marino in un’intervista nel suo ufficio del Campidoglio – sono il primo sindaco ad aver mai chiamato a controllare gli investigatori della finanza nei nostri uffici per vedere cosa era stato fatto negli anni precedenti” alla sua amministrazione. “Stiamo portando la legalità”, ha aggiunto il numero uno del del Palazzo Senatorio. Se non tutti i guai sono colpa del sindaco Ignazio Marino, riconosce l’articolo, “la sua onestà non viene considerata sufficiente alla soluzione del problema”. Tanto che l’ex chirurgo di Genova è stato paragonato a Forrest Gump, “le cui virtù sono allo stesso tempo il suo problema”. E lo sfacelo di Roma negli ultimi mesi si è accentuato a tal punto che lo stesso premier Renzi, ha espresso preoccupazione, letta da alcuni come l’anticamera alla defenestrazione del sindaco.

Ma soprattutto Marino non gode più di un grande gradimento, rileva il Nyt, tra i cittadini romani, che lo accusano di prestare maggiore interesse all’audience straniera, “corteggiando ricchi investitori stranieri per restaurare le vestigia romane” piuttosto che occuparsi dei problemi quotidiani dei cittadini. E il sindaco, da parte sua, non sembra fare nulla per dar loro torto. Ha fatto discutere l’ultima decisione adottata dalla giunta: la rimozione dei tradizionali numeri romani dalle targhe di piazze, vie, bollette e carte d’identità.

La delibera, proposta dal dipartimento Cultura, nel seguire i dettami dell’Istituto nazionale di Statistica va anche a uniformare o abbreviare qua e là altri nomi. Da via San Pio Quinto (e non più V) e Corso Vittorio Emanuele Secondo (e non più II), al momento tra larghi, vie, ponti, piazze e addirittura trafori (come quello già Umberto I) sono più di sessanta i luoghi a dover essere sottoposti a una “denominazione standardizzata”.