Il mal Comune arancione

tintiAmmettiamolo, ci hanno creduto in tanti. Il partito dei sindaci, il movimento arancione, la periferia che si prende la rivincita sul centro, i buoni amministratori e la cattiva politica. La società civile e i professionisti della cadrega. Per dirla con Mario Capanna “Formidabili quegli anni”. Sì, in teoria lo sono anche stati, avendo portato una ventata di freschezza all’interno di una casa densa di cattivi odori e muffe, quale era diventata la politica italiana post tangentopoli. Ma quella essenza di novità si è rivelata un fuoco fatuo, un profumo privo di struttura evaporato in un lampo. Milano che balla, Roma che trema, Napoli che scivola via. E poi la Campania, la Puglia, la Liguria, la Sicilia. Sindaci e governatori passati dalla sbornia della novità alla modesta rappresentazione del potere, rivelando la loro totale inconsistenza nell’amministrare la cosa pubblica. Un fallimento insomma. Ma questa debacle è solo colpa loro, o la loro crisi delle loro amministrazioni è il risultato dell’involuzione della politica nazionale dunque del governo? Anche ai non giocatori esperti di biliardo risulta evidente che se lanci una palla sul tavolo verde senza aver calcolato sponde e rinquarti finisci per fare solo danni, non ottenendo nessun punto. E l’avversario, se astuto e preparato, non può far altro che approfittarne. Ecco, la sensazione che si ha nel registrare i fatti di questi giorni, da Milano a Roma, da Palermo a Bari, è che sia avvenuto esattamente ciò. Sindaci, governatori e premier hanno lanciato palle a caso, senza considerare se fosse necessario bocciare o accostare, come si dice in gergo. E ora ne vediamo gli effetti. Risultati che, per sommo paradosso, sono amplificati dalla reale assenza di un vero avversario. Elemento, questo, che rende ancor più drammatico il quadro. Piccolo passo indietro.

Quando, qualche anno fa, c’è stata l’affermazione di una schiera di nuovi sindaci che conquistavano comuni in buona parte amministrati dalle destre, dopo aver battuto nelle primarie i candidati del Pd, tutti hanno voltato lo sguardo da quella parte. Spesso erano militanti di Sel o appoggiati da Sel, in qualche caso ex dipietristi come De Magistris.Vittorie che hanno suscitato molte speranze, evocando una “sinistra diversa”, meno legata agli apparati e più alla società civile, portandole in dote un bagaglio di credibilità. A distanza di pochi anni di quella stagione resta solo il miraggio, la frustrazione del grande abbaglio.

De Magistris, a Napoli, è caduto proprio sul terreno della legalità che ne era l’originaria bandiera. A Genova Doria si rivelato inadeguato, tanto da lasciare che restassero inerti i cantieri per la messa in sicurezza, con i risultati che sappiamo, grazie anche agli errori dell’ex governatore Burlando. La Roma di Marino è nel caos, mentre la Milano di Pisapia galleggia solo grazie all’Expo. Politicamente è una Caporetto senza precedenti della quale capire esattamente il perché non è facile. Certo, ci sono le scelte sbagliate nella formazione delle giunte, c’è la miopia nel non vedere iproblemi reali per concentrarsi solo su questioni marginali ma dal grande impatto mediatico. Ma c’è soprattutto l’assenza di cultura di governo, di idea di servizio in funzione dei cittadini. Anche Matteo Renzi, come sindaco di Firenze, aveva lo stesso problema.

Ma per ”LoRenzi il Magnifico rottamatore” Palazzo Vecchio era solo un portaerei, un passaggio verso Palazzo Chigi. Del resto la difesa degli interessati è quella più scontata e prevedibile: abbiamo trovato città a pezzi, casse vuote e troppi debiti. Siamo in condizioni disperate in cui non c’è nulla da fare, per poi “pietire” una qualche legge speciale per avere soldi dal governo centrale. Triste appendice di un dramma diventato farsa. Certo, in parte hanno pure ragione. Però che la situazione fosse una tragedia non lo abbiamo scoperto dopo, in gran parte lo sapevamo anche da prima. E allora perché promettere un “cambiamento”, sapendo bene di non avere le condizioni per poterlo realizzare? Solo per vincere le elezioni? La gente, ormai, resta delusa facilmente e la “furbata” propagandistica diventa un boomerang. Per una semplice ragione: siamo proprio sicuri che sia impossibile fare di più? E allora, questo cambiamento tanto strombazzato dov’è? E si risolve tutto con il registro delle unioni civili? Questo è il risultato di una certa retorica antipolitica per cui si pensa che onestà ed estraneità alla vita politica siano un buon viatico. Come se scegliessimo il primario di un ospedale sulla base di criteri come la fedeltà alla moglie e l’assoluta mancanza di esperienze ospedaliere. L’onestà personale è un pre-requisito importante in politica ma non è affatto sufficiente. Ammettiamolo: la primavera arancione è pienamente fallita e se i sindaci in questione ne prendessero atto, questo sì che sarebbe un primo segnale di cambiamento.