LA SCUOLA CHE FA MALE AI BAMBINI

La marcia su Roma torna oggi, dopo la grande mobilitazione del maggio scorso. Migliaia di docenti si posizioneranno nel pomeriggio davanti a Montecitorio, dove in discussione c’è il contestatissimo disegno di legge sulla “Buona Scuola”. Contestati i metodi, i contenuti, il potere dato ai dirigenti, lo spostamento degli insegnanti da competenza provinciale a regionale. Ma in questa giornata accade anche altro, collegato anch’esso al nuovo modo di intendere i programmi scolastici: la definizione in “permanente” del Comitato Difendiamo i nostri figli”, che ha organizzato la grande manifestazione del 20 giugno scorso contro l’introduzione della teoria del gender nelle scuole.

Cgil, Cisl, Uil, Gilda e Snals snocciolano numeri che, a loro parere, fotografano la portata del dissenso: 618.000 persone che hanno scioperato, un milione di fiaccole nelle piazze delle principali città, 10.000.000 post, mail e tweet, percentuali di adesione altissime allo sciopero durante gli scrutini. Uno schiaffo a quella che viene definita l’arroganza del governo.

Come spesso accade, c’è stato un episodio che ha creato confusione, tanto che qualcuno lo ha definito un vero e proprio tentativo di depistaggio. Sul web, veicolo per eccellenza dell’intera protesta, sia laica sia cattolica, ha iniziato a girare un fantomatico invito a presentarsi nelle sedi dei Comuni italiani proprio nella giornata del 7 luglio, per firmare il referendum contro la “Buona scuola”. A voler essere maligni è facile intravedere la strategia: parcellizzare la presenza dei contestatori in migliaia di comuni italiani, contando sul caldo, l’estate e la difficoltà di organizzarsi e sulla prospettiva di poter comunque essere parte attiva della protesta. In questo modo, una volta capito che negli uffici comunali non esiste alcun registro, è ormai troppo tardi per organizzarsi insieme agli altri.

Gli stessi docenti mettono in guardia sui messaggi che si stanno diffondendo in rete in questi giorni. Occorre precisare infatti che il ddl non è legge quindi in nessun Comune sarà possibile trovare moduli firma per il referendum abrogativo. Dietrologie a parte, la manifestazione comunque si farà.

Intanto l’ex giudice della Corte Costituzionale Fernando Imposimato, ha presentato alla presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, una petizione ex articolo 50 della Costituzione per rispettare la sentenza europea del 26 novembre, esortando ad evitare di ricorrere nuovamente all’esercizio del voto di fiducia perché in contrasto con il comma 4 dell’art. 72 della stessa carta costituzionale. E sempre Imposimato, sulla sua pagina facebook, ha spiegato punto per punto le criticità di questa legge.

Comunque vada oggi, non si escludono altre forme di agitazione volte alla disobbedienza civile e agli scioperi bianchi. Anche in Aula i parlamentari di Sel e del M5S daranno filo da torcere, per nulla persuasi della bontà delle novità in arrivo nonostante l’impegno con cui il Governo continua a difendere il contestato provvedimento.

Quanto all’inserimento della teoria del gender nella scuola, la lotta del Comitato Difendiamo i nostri figli proseguirà ad oltranza, con l’obiettivo di costituire una vera forza con la quale fare i conti, sul modello francese, che esattamente un anno fa, riuscì a far dimettere l’allora ministro Vincent Peillon e far cassare il programma basato sugli studi di genere.

Alcune frasi pronunciate dalle relatrici del programma – poi ritirato Oltralpe – danno bene il senso di cosa si stia parlando: la riproduzione degli stereotipi educativi è una cospirazione della società, gli stereotipi sono evidenti fin dalla materna: i bambini indossano i pantaloni, le bambine le gonne…

In un contesto europeo che spinge in tal senso, dunque, è necessario mantenere alta l’attenzione pubblica sui temi della educazione dei figli, della difesa dei loro diritti – prima di tutto quello a crescere in una famiglia con un padre e una madre; con lo scopo di diffondere cultura e consapevolezza; soprattutto di affiancare i genitori, i primi responsabili dell’educazione dei figli, perché sappiano dove informarsi e come muoversi se percepiscono che, per esempio a scuola, i loro ragazzi sono fatti oggetto di un indottrinamento nell’ideologia gender. Sono i genitori l’avamposto della nostra battaglia culturale, che cercherà di giocare le sue carte anche tenendo alta l’attenzione sui politici, sapendo però che è nelle case che si svolge la resistenza più importante.