LADY JIHAD: LA TELEFONATA CHOC AI GENITORI

“Sei tu che comandi, devi prendere la mamma per i capelli e venire qui. Tu non hai nessun ruolo, papà ha deciso per la Hijra (il pellegrinaggio). Se Said decide che io non posso più uscire, io non esco più. Al marito si deve obbedienza totale”. A parlare è Maria Giulia Sergio, alias Fatima, la presunta jihadista italiana partita lo scorso dicembre per arruolarsi nelle fila dell’Isis e portare avanti la guerra del Califfato. Dall’altra parte del monitor, in collegamento Skype, ci sono i suoi genitori, arrestati ieri nell’ambito di una vasta operazione antiterrorismo portata avanti dalla Procura della Repubblica di Milano. “Per il viaggio comprate comprate grandi valigie con le ruote” dice Fatima. “Ma vivremo con te?” chiede la madre preoccupata. “Nooo, io devo vivere con mio marito ma posso stare con voi tutte le volte che voglio – risponde la figlia -. Mamma, avrai una casa con il giardino e l’orto, potrete coltivare, anche tutta la Siria se vorrete”.

Una conversazione surreale, intercettata dalle forze dell’ordine nel corso delle indagini. A un certo punto chiedono alla giovane se debbano portarsi dietro anche il gatto. “Ma con Adriano come facciamo? Come lo portiamo? O lo dobbiamo lasciare a qualcuno?” dice la madre. “No, non si può – replica Maria Giulia – Ascoltami mamma, il viaggio è troppo lungo, in aereo, in macchina…”. “Hai ragione già quando l’abbiamo portato a Napoli miagolava sempre”. “Anche questa è una prova grande cui ci sottoponiamo. Adriano starà bene, inshallah”.

Durante la chiacchierata Fatima racconta anche la sua vita. “Said fa l’hijama” afferma Fatima. “E che è?” domanda la madre. “Si fanno dei tagli sulla pelle…si mettono dei bicchieri sulla pelle, sottovuoto, che fa uscire il sangue nero, che esce dal corpo. I salassi”. “E cosa guarisce questa pratica?”. “Tutto tranne la morte, nell’Islam non esiste la medicina, esistono il miele, l’olio d’oliva, questo ci cura, inshallah. Quando venite qui facciamo tutti insieme l’hijama”.

Poco dopo la ragazza descrive le bellezze dello Stato Islamico “Qua ci sono le montagne meravigliose, noi non siamo i musulmani d’Italia, siamo i musulmani del Jihad, l’azione più meritorie”. Intanto proseguono le indagini della Digos sui foreign fighters italiani. La via che porta a combattere in Siria per lo Stato islamico passa per la Toscana, i Balcani e in particolare dall’Albania. Di origine albanese è, tra le altre cose, Aldo Kobuzi, marito di Fatima e legato ad ambienti integralisti.

Nei Balcani l’islam radicale è arrivato con la guerra degli anni ’90, con migliaia di mujaheddin arrivati per combattere a fianco dell’esercito bosniaco. “Finita la guerra molti sono rimasti, si sono costruiti una vita li’ e hanno creato delle vere e proprie enclaves salafite – ha spiegato l’islamologo Giovanni Giacalone -. Nel nord ovest della Macedonia ci sono villaggi in cui le persone sono pagate per farsi crescere la barba e andare nelle moschee piu’ estremiste. Sono soldi che arrivano dal Medio Oriente”.