Legalizziamo la corruzione?

Flash back, 29 aprile 1993, Montecitorio. Aula della Camera. “Ha facoltà di parlare l’onorevole Bettino Craxi. Prego”. Sull’emiciclo sordo e gelido cala il silenzio, non quello degli innocenti bensì quello dei conniventi. “Basta con l’ipocrisia! Tutti i partiti – tuona l’ex leader socialista morto in esilio – si servivano delle tangenti per autofinanziarsi, anche quelli che qui dentro fanno i moralisti”. La sua linea di difesa fu incentrata sulla tesi secondo cui i finanziamenti illeciti sarebbero stati necessari alla vita politica dei partiti e delle loro organizzazioni per il mantenimento delle strutture e per la realizzazione delle varie iniziative. Il suo partito non si sarebbe discostato da questo generale comportamento e, quindi, più che dichiarare se stesso innocente, Craxi giungeva a sostenere che egli era colpevole né più né meno di tutti gli altri. La storia, quella con la S maiuscola non ha ancora stabilito chi ha torto e chi ha ragione.

2 luglio 2015. Montecitorio, Sala della Lupa della Camera dei deputati. Il presidente dell’Autorità Anticorruzione, Raffaele Cantone, presenta al Parlamento la relazione sull’attività dell’organo di controllo da lui presieduto. Anche su questa platea cala il silenzio, quello dei consapevoli. “Il 90% delle amministrazioni ha adottato un piano anticorruzione, ma la qualità dei documenti è, in molti casi insufficiente per metodo, sostenibilità ed efficacia”, ed emergono “varie criticità”. La situazione descritta da Cantone non è seria, ma grave. Molto grave. Al punto da indurre a pensare che legalizzare la corruzione, introducendo una sorta di dazio del 10% all’interno delle gare d’appalto e nei contratti stipulati fra pubblico e privato, potrebbe essere una soluzione; resa ancor più robusta se accanto a questa emersione il Parlamento decida finalmente di legalizzare le lobby e rendere trasparente il lavoro dei lobbysti, riconosciuto e regolato in tutta Europa… I conti dello Stato ne trarrebbero qualche beneficio.

Sia chiaro, è del tutto evidente che la nostra è una provocazione. La legge che abdica davanti al malaffare non è solo una resa ma una totale disfatta del sistema che nessuno di noi può accettare. Ma è altrettanto inaccettabile uno Stato che combatte una battaglia di civiltà con armi obsolete, mentre la corruzione usa mezzi sempre più raffinati.

Ma da Bettino Craxi ad oggi cos’è cambiato? Lo tossine di Tangentopoli sono state smaltite dal corpaccione della politica oppure sono sempre in circolo? E come sono cambiate le regole del gioco? Le risposte a queste domande sono contenute nelle stesse parole del magistrato prestato alla politica. “Le indagini dell’ultimo periodo della magistratura hanno evidenziato come la corruzione sia divenuto un fenomeno sistemico, che alberga soprattutto negli appalti pubblici ma di cui non sono scevri altri settori ed ambiti dell’amministrazione”.

Insomma, se non siamo al 100% poco ci manca. Ed questo l’elemento che rende il quadro complessivo particolarmente drammatico. Perché non siamo più di fronte alla bustarella, alla classica mazzetta, ma ad un sistema raffinato che viaggia in parallelo con i lavori. Dunque con la politica. Spezzare questa catena è un dovere morale, oltre che un impegno civile.