MAFIA CAPITALE, PIGNATONE: “DA RIVEDERE IL RUOLO DELLE COOPERATIVE”

“A Roma ci sono più organizzazioni criminali e tra queste alcune mafiose che coesistono ed evitano scontri tra loro: questo è il modo migliore per fare affari”. E’ quanto ha dichiarato il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone che è tornato in Commissione Antimafia, presieduta dalla presidente Rosy Bindi – era già stato ricevuto nei mesi scorsi, dopo l’inchiesta su Mafia Roma – per riferire sulla seconda parte dell’inchiesta.

Roma non è come Palermo, Napoli o Reggio Calabria, ha spiegato il capo dei pm di Piazzale Clodio, “è troppo grande e complessa per essere controllata da una sola organizzazione mafiosa. Vi sono più organizzazioni criminali, alcune mafiose”, come quella dei Fasciani o quella guidata da Carminati e Buzzi. Mafia Roma “è una piccola organizzazione – ha sottolineato Pignatone – l’associazione mafiosa più pericolosa in Italia e nel mondo rimane la ‘Ndrangheta”. E tuttavia il magistrato il procuratore ha evidenziato come la Cassazione abbia sostenuto l’impianto accusatorio confermando, in due successive sentenze, la contestazione del 416 bis, ovvero l’associazione mafiosa.

Inoltre Pignatone ha dichiarato che il rapporto con il sodalizio Carminati-Buzzi “è stato diverso con le due giunte capitoline. Con la giunta Alemanno si registra una esplosione del fatturato delle cooperative che facevano capo a Buzzi e c’era un’influenza sulle nomine di vertice delle società partecipate dal Comune”. Con la nuova amministrazione Marino, invece, i contatti delle organizzazioni criminali “a livelli alti non ci sono più”, e vengono anche cambiati alcuni vertici delle società partecipate, ma “rimane la presenza pesante di Buzzi nel mondo delle cooperative. I rapporti sono diversi ma tutto sommato Buzzi e Carminati erano tranquilli sull’esito delle elezioni: Buzzi e Carminati vantavano di avere candidati amici in entrambi gli schieramenti”. Quanto alle lettere che Buzzi manda alle Commissioni e persino al Pontefice, per Pignatone si tratta di una “linea difensiva”. Secondo il procuratore c’è l’intento di dire che “in fondo la mafia non esiste e se esiste, io non c’entro. C’era un sistema corruttivo diffuso in cui ho dovuto operare”.

Tra le novità emerse, l’avviso di conclusione delle indagini ai sensi dell’articolo 415 bis nei confronti di Maurizio Venafro, ex capo di Gabinetto del governatore del Lazio Zingaretti, che prelude ad una eventuale richiesta di rinvio a giudizio per il reato di turbativa d’asta, “a meno che nei 20 giorni che il Codice prevede non ci facciano presenti circostanze che facciano cambiare idea”. Infine, il procuratore capo ha invitato a fare “una riflessione sul ruolo che svolgono le cooperative”. Forse bisogna chiedersi, osserva, “se le agevolazioni concesse alle cooperative, le riserve di lavori, le simpatie che hanno e i controlli meno penetranti, “non meritino una riflessione che tuttavia non compete alla procura della Repubblica”. La presidente Bindi non sfugge all’osservazione, e fa sapere che presto verranno ascoltati i responsabili della cooperativa La Cascina. Un sostegno alla giunta Marino arriva dal capogruppo Pd in Antimafia Franco Mirabelli: “mi pare evidente che quella di Marino e’ la posizione di un amministratore mai coinvolto da questo sistema, mentre con l’amministrazione precedente Carminati ha avuto un peso molto significativo”.