INDONESIA: LA CORTE COSTITUZIONALE NEGA I MATRIMONI “MISTI”

La Corte costituzionale in Indonesia ha respinto la richiesta di emendare la legge sui matrimoni, che finora ha impedito il riconoscimento delle unioni di coniugi di religione diversa.  Una legge controversa, che nel luglio scorso un gruppo di studenti ha cercato di modificare attraverso un’iniziativa personale – e popolare – che aveva trovato il sostegno dei vertici della Chiesa cattolica locale. Ma nei giorni scorsi lo stop dei supremi giudici, secondo i quali resta in vigore la legge 1 del 1974, che fonda sulla “religione” il pieno fondamento di un’unione coniugale.

La Conferenza episcopale indonesiana (Kwi) aveva “sposato” in pieno la battaglia in difesa dei diritti civili, in particolare nel settore dei matrimoni misti fra fedeli di religione diversa, che vanno sempre riconosciuti, garantiti e tutelati. Una posizione di rottura rispetto alle leggi dello Stato del Paese musulmano più popoloso al mondo, in base alle quali una unione civile segue sempre la celebrazione di una funzione religiosa e in essa trova il suo fondamento; perché solo il manto della religione rende effettivo il legame fra due persone, che “devono” professare la stessa fede.

Alle coppie miste non resta quindi altra alternativa che la celebrazione di una funzione oltremare, oppure alla conversione di uno dei due coniugi. Del resto il matrimonio in Indonesia non è solo questione di cuore e materiale personale, perché spesso coinvolge anche le famiglie e diventa oggetto di controversia anche in tema di fede. Una posizione contro la quale si è battuto a lungo p. Purbo Tamtomo, esperto di diritto dell’arcidiocesi di Jakarta, secondo cui andrebbero “difesi e tutelati” i diritti civili di tutti i cittadini. Un parere pronunciato nel novembre 2014 davanti alla Corte costituzionale, nel corso di un’udienza relativa alla battaglia legale sul riconoscimento dei matrimoni misti.