GOOGLE BOCCIA IL PORN REVENGE

Noia davanti al pc. Distrattamente si apre Google, si digita il proprio nome, per curiosità. E se – dopo quest’operazione – si vedesse in cima allo schermo una propria foto, o un video, in pose osè? Panico, sgomento totale, blackout: il mondo intero che entra nella tua intimità con un semplice clic. Poi il cervello si riattiva dopo il trauma, e torna alla mente che quella foto era stata fatta dal proprio ex partner, che dopo la delusione amorosa ha scelto di mettere gli scatti online per vendicarsi. Questo fenomeno – tanto attuale quanto orribile – si chiama “porn revenge”, ovvero la diffusione online di immagini “private” allo scopo di umiliare la persona, nella maggior parte dei casi una ragazza. Una vera e propria violenza, lo stupro di un’intimità a beneficio dei voyeur di ogni latitudine.

C’è chi pensa che il fenomeno sia limitato a “quel genere di persone”, o crede che la cosa riguardi soltanto esibizionisti. Non è così: negli Stati Uniti è stato fatto un sondaggio tra il 2012 e il 2013 dall’associazione Cyber Civil Rights Initiative, dal quale è emerso che una persona su dieci è stata minacciata dall’ex compagno o compagna, che avrebbe pubblicato online materiale da “vendetta porno”.

Nella deriva morale della rete – figlia della progressiva eutanasia di valori che la società moderna sta attuando – dove tutto è concesso e le legislazioni sulla stessa sembrano estremamente fluide, ma soprattutto dove ogni nefandezza trova il suo comodo spazio, può sembrare che questo sia solo l’ennesimo scambio di materiale pornografico. In realtà le vittime subiscono un’umiliazione che riesce a raggiungere un pubblico enorme di persone, il “revenge porn” è dunque un’arma potentissima che può distruggere una persona.

Ma qualcosa sta cambiando. Uno dei colossi della rete ha deciso di invertire la rotta e privilegiare i valori al semplice conteggio di clic: Google. Il colosso americano è pronto a mettere online un modulo per richiedere la rimozione di tali immagini, pubblicate senza il proprio consenso. A spiegarlo è stato Amit Singhal, vicepresidente del settore Search engine: “Non possiamo rimuovere queste immagini da internet – scrive – ma speriamo che l’eliminazione delle foto dalle nostre ricerche possa dare una mano”.

Sicuramente il problema non verrà risolto in toto, ma finalmente un’azienda leader si è schierata pubblicamente contro un fenomeno che nasce al solo scopo di fare del male.

Se quindi sembra che basti una delusione affettiva, per mettere al primo posto la vendetta, senza curarsi della dignità personale, della privacy, o semplicemente del buonsenso, da oggi arriva il gigante di Mountain View a mettere uno stop. Un’inversione di tendenza significativa, e uno stimolo al resto della Rete a fare altrettanto. Per ora solo una goccia nel mare di internet, ma è meglio del vuoto assoluto che fino a oggi ha accompagnato lo sviluppo del web.