MAFIA CAPITALE, MARINO NON MOLLA: “AVANTI SINO AL 2023”

Obiettivo 2023, dunque ben oltre l’attuale mandato. Ignazio Marino è sicuro che i romani siano dalla sua parte e lo confermeranno tra due anni e mezzo quando si voterà nella Capitale per le amministrative. Niente dimissioni e niente commissariamento quindi, nonostante lo scandalo Mafia Capitale abbia tirato in ballo pezzi importanti di giunta e Assemblea Capitolina. Durante la conferenza stampa in Campidoglio sul risanamento Ama ha ribadito di non aver cambiato idea: “sono qui per stare sino al 2013”. Marino non manca di paragonarsi al medico (cosa che peraltro è) alle prese con un paziente malato. E quindi rimarca di essere intervenuto per eliminare consorterie e centri di potere che infestavano la città prima del suo arrivo. Lo fa, tra l’altro, ricordando l’indagine per associazione mafiosa a carico di Gianni Alemanno, “una cosa incredibile per una città del G7”.

Insomma cerca di legittimarsi davanti agli elettori cavalcando il sentimento di antipolitica, mostrandosi come l’homo novus in grado di salvare Roma. “Il nostro lavoro di pulizia si deve accompagnare a un risveglio e a una mobilitazione civica per mostrare il vero volto di Roma e dei romani – ha detto – Roma non è come la dipingono in Tv, ma è una città di persone perbene che merita un’amministrazione perbene”. La sua determinazione, ha spiegato, sarebbe la stessa dei partiti che lo sostengono. “Sono assolutamente convinti che dobbiamo proseguire il nostro impegno per il rinnovamento della città perché i nostri elettori vogliono continuare con questa pulizia e questo cambiamento”.

Marino spiega che “in questi mesi da parte dei cittadini sento anche troppo appoggio: io non mi sento il salvatore della patria, non aspiro a nulla e non devo fare carriera, ma voglio solo lavorare per il bene della città”. A chi lo sostiene chiede “un grande sforzo per riportare Roma a essere una grande capitale europea e capitale di un Paese del G7”. Ricorda lo stato in cui ha trovato la città nel 2013, per farlo la paragona all’Italia lasciata da Berlusconi a Mario Monti. “Qui c’erano dei ladri e noi dovevamo prendere una decisione: fare un nuovo debito oppure fare un reset e mettere le cose a posto come stiamo facendo”. La grande sfida è quella di Malagrotta, già chiusa e che non verrà riaperta, perché la Capitale ha ora un modello di differenziata come quella “di San Francisco” e guarda al 2030 “quando quando l’Ue ha detto che tutti gli inceneritori d’Europa dovranno essere spenti. All’interno di questo sistema una discarica di servizio certamente serve, per esempio per quando separiamo di carta e cartone: stiamo andando in quella direzione, vogliamo realizzare prima gli ecodistretti e poi apriremo un confronto nella città su dove questa discarica di servizio sarà localizzata, ma sarà residuale e completamente diversa da Malagrotta, che ospitava il 100% delle 5mila tonnellate di rifiuti che Roma produce ogni giorno.

A chi gli chiede un giudizio sulle parole di Renzi (“fossi Marino non starei tranquillo”) risponde senza polemiche: “Io giudico l’intervento alla fine dopo la riabilitazione e quando il malato uscendo abbraccia e medici e infermieri”. Ma al Sindaco, Orfini a parte, continua a non arrivare solidarietà da gran parte del Pd. A rincarare la dose ci ha pensato anche Rosy Bindi, la quale pur dicendosi “certa della sua integrità” lo ha invitato a riflettere “sulle ipotesi di dimissioni”. “Prendere posizione su questa complessa vicenda prima di conoscere l’esito della Commissione d’accesso e le determinazioni del Prefetto Gabrielli sarebbe, per me e per tutti, molto imprudente – ha detto il presidente dell’Antimafia – ma un eventuale scioglimento per infiltrazioni mafiose della Capitale d’Italia sarebbe un’onta per l’intera nazione”