IL CAMPIDOGLIO TREMA, MARINO SEMPRE PIU’ SOLO

Il Campidoglio trema sotto i colpi dell’inchiesta “Terra di Mezzo” e la posizione di Ignazio Marino non è più così solida. Il Sindaco non è indagato né coinvolto in Mafia Capitale, anzi ha tenuto a precisare che ora nell’Assemblea Capitolina siedono “solo persone perbene”. “Continuiamo in questo modo – ha commentato il primo cittadino escludendo l’ipotesi di dimissioni – la linea amministrativa che abbiamo assunto in questi due anni di governo sta dimostrando che veramente stiamo cambiando tutto. Sono soddisfatto del grande cambiamento e della legalità contabile che abbiamo portato nella nostra città”. Ma al di là della della soddisfazione per “l’incisione dell’ascesso operata con bisturi sapiente dal procuratore Pignatone” Marino ha poco da sorridere. Tra le persone finite in manette ci sono anche pezzi grossi della sua amministrazione come l’ex assessore alla Casa, Daniele Ozzimo, e l’ex presidente del consiglio comunale, Mirko Coratti. Parliamoci chiaro: il Sindaco poteva non sapere e probabilmente non era a conoscenza del presunto giro di corruzione imputato ad alcuni uomini della sua squadra di governo. Ma la sua situazione è comunque delicata, soprattutto per ragioni di tipo politico. I rapporti con il Pd romano sono pessimi sin dai tempi della campagna elettorale.

Voci di corridoio raccontarono di un acceso (eufemismo) dibattito col suo ex capo di Gabinetto, Enzo Foschi, pretoriano dell’attuale governatore del Lazio Nicola Zingaretti, vera potenza della galassia dem capitolina. Lo stesso ha più volte mostrato insofferenza verso il “marziano” (come lo aveva definito Gianni Alemanno). Un esempio su tutte: durante il comizio di piazza del Popolo per le Europee del 2014 il premier non volle sul palco né Marino, né Zingaretti. Cosa che non fu presa benissimo dai due. E non è un mistero che il capo del Governo voglia un personaggio più allineato in Campidoglio, magari proprio della sua scuderia (a più riprese si era fatto il nome del ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia). In una recente intervista al Secolo d’Italia il deputato Pd Michele Anzaldi ha criticato l’operato dell’ex senatore. “A Ignazio Marino manca la passione e il buon senso – ha affermato – Non si può amministrare Roma senza passione. E dico di più, nei confronti dei romani c’è del sadismo, non ha voglia di aiutarli: e non parlo solo di buche stradali sempre più numerose, ma anche di bus sempre pieni, di erba non tagliata, caditoie otturate, cassonetti strapieni”. Come a dire che il modello Marino di una Capitale a misura d’uomo e sostenibile cozza col disastroso stato della città. Il Pd teme che “l’esperimento Pisapia” a Roma non funzioni e cerca di correre ai ripari per evitare il disastro elettorale. Anche perché il Sindaco è in discesa nei sondaggi: alla maggior parte romani non piacciono molti dei suoi progetti, tra cui quello di creare zone di tolleranza, dove la prostituzione in strada è consentita. Per questo Mafia Capitale potrebbe diventare il pretesto per disarcionarlo, nonostante la fiducia ribadita dal presidente Matteo Orfini.

L’inchiesta della Procura di Roma, nel frattempo, procede spedita. Ieri il secondo capitolo che ha colpito personaggi della politica con ruoli di raccordo tra l’organizzazione e le istituzioni. Quarantaquattro persone sono state arrestate tra Sicilia, Lazio e Abruzzo perché ritenute coinvolte nel presunto business legato ai flussi migratori e alla gestione dei campi nomadi. A tutti viene contestata l’associazione a delinquere, cui si aggiungono reati di diversa natura. A finire in manette è stato anche un pesce grosso del centrodestra capitolino, Luca Gramazio, prima capogruppo del Pdl in Aula Giulio Cesare durante l’amministrazione Alemanno e ora capogruppo di Forza Italia presso il Consiglio Regionale del Lazio. Insieme a lui è stato arrestato anche Giordano Tredicine, rampollo di una famiglia tra le più importanti a Roma. Indagati anche l’ex direttore del quinto dipartimento Promozione dei Servizi Sociali e della salute del Comune di Roma, l’ex presidente del X Municipio (Ostia), Andrea Tassone e il consigliere Massimo Caprari.

Sono le parole di Salvatore Buzzi, ex presidente della 29 Giugno, considerato il sodale dell’ex Nar Massimo Carminati, a testimoniare come funzionasse questo gigantesco business. “La mucca deve mangiare per essere munta” dice in una telefonata intercettata a Franco Figurelli, componente della segreteria dell’ex presidente dell’Assemblea Capitolina Mirko Coratti. “Aho ma questa metafora io gliela dico sempre al mio amico – risponde l’interlocutore – mi dice: ‘Non mi rompere il ca.. perché se questa è la metafora lui ha già fatto, per cui non mi rompere'”. Agghiacciante il contenuto di un’altra conversazione intercettata. Protagonista, insieme a Buzzi, è proprio Carminati, “er ciecato” della Banda della Magliana.”I consiglieri comunali devono stare ai nostri ordini” dice il numero uno della 29 Giugno. “Ma perche’ dovrei stare agli ordini tuoi? Te pago!”, replica Carminati dall’altro capo della cornetta. Poi l’intimidazione: “Dice, e se non rispetti gli accordi? Non rispetti gli accordi? Ma tu lo sai chi sono io? Ti ricordi da dove vengo?”, sottolinea il leader dell’organizzazione, riferendosi ai trascorsi negli ambienti dell’eversione e della criminalità. Buzzi, ascoltando la minaccia, sorride. Carminati poi evoca “il rispetto”. “Io gli accordi li rispetto – dice – ma dovresti rispettarli pure tu”. Buzzi concorda: “Noi gli accordi li rispettiamo anticipati. Non so quanti sono quelli che li rispettano in anticipo”.