KAZAKISTAN, MISTERO PER LA MORIA DI ANTILOPI ASIATICHE

Una malattia o un avvelenamento – ancora sconosciuti – hanno ucciso in Kazakistan oltre 120mila esemplari di antilopi saiga in pochi giorni, circa la metà della popolazione totale. L’antilope vive nelle steppe eurasiatiche fin dall’era glaciale, fra Kazakistan, Calmucchia e Mongolia. Gli animali, che sono di taglia medio piccola e pesano sui 40 kg, hanno incominciato a morire lungo le praterie della zona di Betpak-Dala dal 10 maggio, stroncate da un male che provoca diarrea acuta e crisi respiratoria e che le uccide nell’arco di una giornata, a una media di 27 mila ogni 24 ore.

La moria fulminea ha spinto il governo kazako a richiedere l’intervento della Convention on Migratory Species dell’Onu. Un team sta indagando da giorni, guidato dal veterinario Richard Kock, del Royal Veterinary College di Hatfield (Inghilterra), che ha spiegato al New Scientist “La situazione è drammatica e traumatica: la mortalità è del 100%. Non si è mai visto niente del genere nella storia, niente con un livello di mortalità tale da uccidere tutti gli animali, adulti e cuccioli”.

Gli scienziati e i veterinari che stanno indagando sulla tragedia, dai campioni di tessuto analizzati in questi giorni hanno formulato tre ipotesi naturali e una quarta dovuta a cause “umane”, ma ancora non si riesce a capire quale sia la vera ragione dell’ecatombe. La prima ipotesi riguarda una setticemia causata da un batterio che solitamente uccide i bufali. La seconda, è una emorragia scatenata da un virus trasmesso dalle mosche. La terza, è un avvelenamento del sangue provocato da un batterio collegato a patologie come il tetano e il botulismo. “Dobbiamo continuare con i test per saperne di più e arrivare a conclusioni solide”, spiega Kock.

Esiste anche un’altra possibilità: l’avvelenamento da carburante. L’area in cui vive la saiga è vicina a Baikonur, il cosmodromo russo in cui si effettuano lanci e test di razzi compresi quelli del veicolo spaziale Soyuz. Da anni alcune associazioni protestano per l’uso di una benzina particolarmente tossica e corrosiva, costituita da cherosene, idrazina e tetraossido di diazoto. Ma il collegamento con l’epidemia è un’ipotesi poco probabile e tutta da provare. Intanto l’antilope saiga rischia di scomparire dal suo habitat naturale.