Tabù da superare

annapaola_sabatiniUna scuola di qualità è quella che realizza il pieno diritto all’istruzione e alle pari opportunità ma soprattutto che garantisce reali e concrete opportunità di futuro a tutti i propri giovani. L’efficienza – poi – non si fa né con le ideologie, tantomeno con i veti piuttosto che con i tabù; e tra questi quello legato quasi ad una paura della “contaminazione” tra il mondo dell’istruzione e quello del lavoro rappresenta un’immagine fortemente evocativa del sistema frenante che sembra gravare sull’Italia.

In questa direzione il testo del Disegno di Legge sulla riforma del sistema scolastico appena licenziato dalla Camera rappresenta un’occasione per la competitività del nostro Paese che nel panorama europeo è tra i pochi dove la disoccupazione continua ad aumentare e il numero dei Neet, ovvero dei giovani che non studiano né lavorano, tocca i due milioni e mezzo di unità. Numeri questi insostenibili per una nazione che voglia ancora essere considerata nel novero delle grandi potenze industriali del pianeta.

Ripartire dalla Persona per risalire la china vuol dire alimentare l’economia della conoscenza e assicurare a ciascuno adeguati strumenti di orientamento e spazi veri di autorealizzazione. Vuole anche dire avere il coraggio di agire con forza a cominciare dai fondamentali più attuali del nostro sistema di istruzione. Investire sugli individui equivale alla volontà di promuovere il successo formativo attraverso la messa a disposizione per ciascuno di un percorso di formazione articolato che oltre a fornire conoscenze consenta anche, come già è realtà in altri Paesi europei, la concreta acquisizione di competenze e la declinazione di queste sulle proprie attitudini personali ma anche su quanto effettivamente richiesto dalle realtà vive del mondo lavorativo.

Alla “Buona scuola” va riconosciuto il merito di porre grande attenzione al potenziamento del tema chiave del dialogo tra il mondo dell’istruzione e quello dell’impresa e sulla concretizzazione per gli studenti di momenti di conoscenza e frequenza delle realtà produttive. Gli effetti normativi di questo rivolgimento nel testo sono diversi e individuabili, in maniera più significativa se non del tutto esaustiva, nelle nuove regole sull’alternanza scuola-lavoro che esce definitivamente dalla non strutturalità delle iniziative per entrare a pieno regime con 400 ore nell’ultimo triennio dei tecnici e dei professionali e 200 in quello dei licei; nel rilancio del sistema dell’apprendistato; in ultimo all’art. 7 nella previsione di “laboratori territoriali per l’occupabilità” veri e propri luoghi formativi interistituzionali e di innovazione dove realizzare “l’orientamento della formazione ai settori strategici del Made in italy in base alla vocazione di ciascun territorio”.

Previsioni, tutte, che certo necessiteranno di azioni di supporto altrettanto importanti quali ad esempio incentivi fiscali alle imprese che aderiranno ai progetti di alternanza, piuttosto che la messa a sistema di figure di tutoraggio scuola-impresa o ancora del coordinamento di quanto espresso in materia di apprendistato con quanto già previsto nel Jobs act.

Previsioni normative che, senza ombra di dubbio, segnano un’inversione culturale e di sistema nella visione di una scuola troppo spesso e per troppo tempo chiusa e autoreferenziale, concentrata su saperi e percorsi cristallizzati, su metodologie didattiche trasmissive e frontali, su un approccio teorico e poco pratico, su una chiusura verso il proprio interlocutore principale rappresentato proprio dal mondo produttivo.

L’auspicio è che nel prossimo esame del Disegno di Legge nell’aula del Senato ad essere modificati siano soltanto elementi di potenziamento e sostegno a questo rinnovato approccio al tema della formazione che lungi dall’essere una prospettiva di intervento settoriale rappresenta la vera sfida su cui si gioca la capacità del nostro sistema scolastico di costruire e garantire futuro.

Anna Paola Sabatini
Direttore Ufficio Scolastico Regionale Molise