Pensioni, chiuso per fine risorse

marmo_raffaele-150x150Quale che sia la soluzione che verrà trovata per attuare la sentenza della Consulta sulla mancata rivalutazione delle pensioni, una cosa è certa: il cantiere previdenza, aperto dal governo e dal Parlamento, oltre che da Presidente dell’Inps, Tito Boeri, può considerarsi già chiuso per esaurimento fondi. Il rimborso degli arretrati e l’adeguamento degli assegni futuri porterà al prosciugamento non solo del tesoretto renziano ma anche e, soprattutto, al probabilissimo congelamento delle diverse iniziative che erano state messe in campo negli ultimi mesi per esodati, pensionamenti flessibili, prestito-pensione anticipata, rilancio della cosiddetta opzione-donna, reddito di cittadinanza o reddito minimo.

Almeno ufficialmente nessuno ha dichiarato il fermo del cantiere, ma per gli addetti ai lavori sarà questo uno degli effetti collaterali della sentenza. Anche nella versione più soft possibile, l’onere netto dell’operazione per le casse dello Stato non potrà essere inferiore a 6-7 miliardi di euro. E allora, addio manutenzione/ristrutturazione della Fornero. Vediamo, dunque, quali interventi in gestazione rischiano di saltare.

Settima salvaguardia. Era pronta sulla rampa di lancio una settima salvaguardia per gli esodati non coperti dalle precedenti: la proposta di Maria Luisa Gnecchi (Pd) prevedeva di spostare in avanti al 6 gennaio 2017 la decorrenza del trattamento, con l’obiettivo di salvare almeno la metà di coloro che sono in mezzo al guado (circa 49.500 persone).

Uscite più flessibili. Allo stesso modo erano state congegnate diverse ipotesi per favorire forme di pensionamento più flessibili: la prima – contenuta in una proposta del Pd, primo firmatario Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera – era quella di introdurre un meccanismo che permetteva di lasciare il lavoro anche a 62 anni di età e 35 di contributi, sia pure con una penalità dell’8% che si riduceva fino a azzerarsi se si lasciava il lavoro al raggiungimento della normale età pensionabile. Analoga possibilità di uscita anche a 41 anni di contribuzione a prescindere dall’età. Per non dire della reintroduzione delle quote, come accadeva per la vecchia pensione di anzianità: la soglia era fissata a quota 100 (come somma di età e contributi: 62 anni e 38 anni di contributi, 61 anni e 39 di contributi o anche 60 anni e 40 di contributi).

Assegno pensionistico anticipato. Definita, ma destinata a finire al macero anche la formula del prestito pensionistico. Ribattezzata in gergo Apa, prevedeva che i lavoratori anziani senza lavoro e senza pensione avrebbero potuto richiedere una sorta di anticipo della prestazione (700 euro mensili circa) da restituire sulla futura pensione a rate di importo ridotto.

Opzione contributiva per tutti. Torna in soffitta anche la possibilità di estendere agli uomini e di confermare per le donne la possibilità di andare in pensione anche a 57-58 anni di età e 35-36 di contributi, accettando il calcolo interamente contributivo della rendita, con pesanti riflessi negativi sull’importo dell’assegno.

Reddito minimo e piano Boeri. Tutte da rivedere le intenzioni manifestate da presidente dell’Inps di presentare entro giugno un pacchetto di aggiornamento della riforma e di introduzione di ammortizzatori sul modello del reddito minimo.