KENYA, EFFETTO GARISSA: 350 MILA PROFUGHI RISCHIANO IL RIMPATRIO

Dopo l’attentato al Campus di Garissa lo scorso 2 aprile, 350 mila rifugiati somali in Kenya rischiano di dover tornare forzatamente in patria. A confermarlo saranno le autorità di Nairobi qualora decidessero di chiudere, come hanno annunciato di voler fare, il campo profughi di Dadaab. La notizia è stata diffusa anche da William Ruto, vice presidente kenyonita, il quale, senza lasciar spazio a false speranze, ha dichiarato che da sabato partirà il rimpatrio per molti dei rifugiati.

Un’azione mirata e volta a rafforzare la propria sicurezza, messa profonda in crisi specie dall’assalto all’Università dove uomini armati di al-Shabaab hanno ucciso 148 persone, tra cui 142 studenti. Già nelle scorse settimane l’aviazione del Paese aveva iniziato a bombardare le postazioni del gruppo terroristico in Somalia, nel tentativo di scoraggiare gli estremisti.

Gli attacchi di al Shabaab iniziarono già nel 2011 quando i guerriglieri islamici somali cominciarono a rapire occidentali nel nord del paese per chiedere riscatti. Dopo il sequestro di 4 donne, il governo kenyano decide di inviare delle truppe in Somalia per neutralizzare i ribelli affiliati di al Qaeda, una mossa che provocò la reazione immediata degli estremisti i quali minacciarono attentati in Kenya come ritorsione. Da allora il Paese è segnato da numerosi e sanguinosi attentati di cui quello al Campus universitario è uno dei più spietati.

Intanto la decisione delle autorità kenyonite, ha suscitato le polemiche dell’Unhcr, l’organizzazione Onu per i rifugiati delle Nazioni Unite, i quali hanno affermato che tale provvedimento avrà “estreme conseguenze pratiche e umanitarie”. L’agenzia si è detta pronta a collaborare con le autorità del Kenya per “rafforzare il rispetto della legge” nel campo, contro ogni eventuale intrusione da parte dei gruppi armati.