PROSTITUZIONE, RAMONDA: “NESSUNA PERSONA PUO’ ESSERE OGGETTO DI COMPRAVENDITA”

“Per combattere lo sfruttamento di donne e ragazzine ai fini di prostituzione servono misure di contrasto più efficaci, non certo la regolamentazione o lo zoning”, commenta Giovanni Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII riguardo al cosiddetto “Manifesto” presentato oggi da 70 parlamentari che vorrebbero trattare la prostituzione come una qualsiasi attività lavorativa, e quindi inquadrarla con regolari contratti e partita Iva in case private o in aree protette. “I paesi che hanno tentato la via della regolamentazione si trovano ora sia con la prostituzione legalizzata che con quella illegale – prosegue Ramonda – inoltre è noto che sono le organizzazioni criminali a fornire manodopera anche per la prostituzione legalizzata”. Dimostra poi come al contrario, Paesi come la Svezia e la Norvegia, che vietano categoricamente l’acquisto di prestazioni sessuali, abbiano ottenuto importanti risultati.

Quindi per Ramonda l’unico modo per poter risolvere la situazione è “introdurre in Italia il cosiddetto modello nordico”, di cui tra l’altro, c’è una legge depositata in Parlamento. Conclude poi invitando “i parlamentari ad unire le forze per riconoscere la piena dignità della persona umana, che non può mai essere oggetto di compravendita”.

Della stessa opinione anche Monsignor Perego, direttore Migrantes, che definisce il ritorno della regolamentazione della prostituzione come “la sconfitta di una lunga battaglia di cinquant’anni”, che era riuscita a coinvolgere protagonisti di diversa cultura sociale e politica, dal femminismo, alla protezione sociale, in una lotta comune delle forze dell’ordine, scuola, associazionismo, cooperazione, contro ogni forma di sfruttamento della donna e dei minori. Per questo, fare un referendum sulla possibilità di riaprire le case chiuse sarebbe come dimenticare “il percorso sociale che ha portato alla loro chiusura”Invita poi le istituzioni a ripartire da un’ottica di tutela della persona, come vogliono la Costituzione italiana e la Dichiarazione dei diritti umani. Le vittime della tratta per scopi sessuali giunte sul territorio italiano tra il 2000 e il 2013 sembra che siano circa 100mila, ma la stragrande maggioranza delle donne proviene da cinque nazioni: Nigeria, Romania, Cina, Albania e Ucraina.