La cultura come arma

Li classifichiamo come spietati, pazzi, estremisti, fondamentalisti. Li appelliamo con gli aggettivi più feroci e dispregiativi per i loro crimini, e lo facciamo a ragion veduta, perché sgozzare un prigioniero inerme, bruciare vivo un uomo in gabbia, massacrare studenti seduti ai banchi di un’università non può che essere condannato senza riserve. Eppure alcune strategie dell’Isis devono farci pensare, perché in grado di mettere in discussione la nostra presunta superiorità. Quest’aura che pensiamo di portarci dietro sempre, che ci fa guardare le cose dall’alto in basso, Spesso ci fa trovare spiazzati rispetto alle sortite dei “selvaggi”.

La notizia che un centinaio di docenti inglesi sia in odore di espulsione permanente dal sistema scolastico britannico perché proprio nelle aule dove i giovani di formano stavano subdolamente veicolando la sharia più che i principi della democrazia, la dice lunga su quanta importanza l’Isis dia alla formazione. Mentre noi discettiamo su come distruggere le armate, loro piazzano i semi dell’odio dentro il cuore del sistema occidentale, quello dove si formano le nuove generazioni. Il settore dell’insegnamento è  abbandonato alla routine (tranne alcune prestigiose quanto rare eccellenze); il corpo docente – specialmente in Italia – è massacrato da pseudo riforme, senza sicurezze sul futuro, senza corsi di aggiornamento degni di questo nome. Maestre e professori così non solo diventano sterili nella didattica, ma perdono – non per loro colpe –  l’essenza stessa dell’insegnamento: la passione.

La strategia dello Stato Islamico è illuminata, senza con questo volerle dare una patente di positività che ovviamente non ha; ma può avere buon gioco in un sistema scolastico europeo ormai da anni al di fuori delle discussioni nell’Unione. Si parla di spread, di Pil, di quote latte; di economia insomma. E l’azione dei governi è tutta concentrata a dare risposte in questo unico settore (peraltro con i risultati che conosciamo, in Italia come in Grecia, in Spagna come in Francia). La formazione dei nostri giovani viene data per assodata, mentre il mondo è totalmente cambiato e il Vecchio Continente non è più in grado di dare loro risposte né prospettive. Perché meravigliarci dunque se i “foreing fighters” sono sempre più giovani e sempre più occidentali?

Anche la follia distruttrice dei jihadisti verso musei e monumenti, opere d’arte e statue ha in qualche modo la stessa matrice. Seppur ingiustificabile, connessa a una distorta interpretazione del Corano, testimonia comunque quanto valore, o meglio dis-valore, viene dato alla cultura. Devastarla vuol dire essere coscienti di fare un’operazione che ferisce al cuore il mondo intero, filmare gli assalti testimonia la volontà propagandistica dell’Isis, e dunque il farlo rappresenta una scelta consapevole, né più né meno delle esecuzioni.

Mentre in Europa dunque il patrimonio esistente viene utilizzato al massimo per fare cassetta con i musei ma non per educare e inorgoglire le giovani menti dei nostri studenti, dall’altra parte la cultura viene usata come grimaldello per scardinare l’Occidente, come arma per la propaganda di un regime sanguinario. Svegliamoci, prima che sia tardi.