Parità di diritti e di retribuzioni

ocminLa Giornata europea per la parità retributiva è giunta quest’anno alla sua quinta edizione. Proclamata dall’Europa nel 2011, la data del 28 febbraio coincide con il cinquantanovesimo giorno dell’anno e sta ad indicare il numero dei giorni di lavoro – per l’appunto cinquantanove – che una donna dovrebbe svolgere in più all’anno per arrivare a guadagnare quanto un uomo.

Il tema della parità retributiva è stato anche al centro del convegno “Perché le donne guadagnano meno?”, organizzato dal “Tavolo lavoro conciliazione e salute delle donne” della provincia di Ravenna, in collaborazione con Cgil Cisl Uil e Camera di Commercio di Ravenna. Il divario retributivo di genere, definito come “la differenza di remunerazione tra donne e uomini calcolata sulla base del differenziale medio nel salario orario lordo di lavoratrici e lavoratori”, sebbene i passi in avanti compiuti, esiste ancora, anzi in alcuni paesi negli ultimi anni ha ripreso a crescere. Il divario esiste quando uomini e donne ricevono un diverso compenso per lo svolgimento di uno stesso lavoro o di un lavoro equivalente.

Se la differenza si colloca tra il 17 e il 22 per cento vuol dire che le lavoratrici ricevono una paga oraria inferiore rispetto ai corrispondenti lavoratori maschi. Gli ultimi dati Eurostat indicano un divario retributivo medio nell’Unione europea del 16,4%. In Italia è tra i più bassi dell’UE, 6,7%, minore solo in Slovenia, Malta e Polonia. Quello più elevato si registra invece in Estonia, Germania e Austria. In Danimarca, nella Repubblica Ceca, in Austria, nei Paesi Bassi e a Cipro se ne registra una costante riduzione. In Ungheria, Portogallo, Estonia, Bulgaria, Irlanda e Spagna, il divario retributivo tra i sessi risulta in aumento. Ai risultati positivi hanno contribuito sicuramente i diversi provvedimenti sia a livello internazionale, sia a livello europeo e nazionale sollecitando e promuovendo interventi e buone prassi nei singoli paesi.

La Convenzione ILO C100 sulla Parità Retributiva, ad esempio, oppure il Trattato dell’Unione Europea e le diverse Direttive comunitarie che hanno sancito chiaramente il principio della parità retributiva di genere. La Direttiva 2006/54/CE, del Parlamento e del Consiglio del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, ha ribadito il divieto di discriminazione per quanto riguarda uno stesso lavoro o uno uguale e la parità di trattamento nel settore dei regimi professionali di sicurezza sociale. La parità retributiva è, inoltre, uno dei cinque obiettivi della Strategia europea sulla parità di genere 2010-2015 e una delle priorità della Strategia 2020. A livello nazionale il Codice per le Pari Opportunità ha regolamentato il divieto di discriminazione retributiva nelle progressioni di carriera e nell’accesso alle prestazioni previdenziali, comprese le forme pensionistiche complementari e collettive. Ma poiché i dati statistici evidenziano ancora forti divari retributivi in diversi Paesi dell’Unione Europea, è necessario proseguire in questo impegno senza arretrare e facendo ciascuno la propria parte.

Come donne della Cisl, pur costatando in Italia una minore problematica da questo punto di vista, dobbiamo continuare a lavorare per raggiungere ulteriori risultati fino al superamento di ogni forma di discriminazione in ogni ambito sociale e lavorativo. Per eliminare la disparità salariale occorre puntare contemporaneamente alla realizzazione di tutta una serie di condizioni che incidono direttamente o indirettamente sulla stessa: favorire, attraverso politiche mirate, l’ingresso e la permanenza al lavoro delle donne, facilitare la conciliazione tra lavoro e famiglia, promuovere la condivisione delle responsabilità genitoriali e di cura, il benessere organizzativo in azienda e contrastare la segmentazione del lavoro femminile sostenendo una maggiore partecipazione delle donne ai processi decisionali e presenza nelle posizioni apicali. Il sindacato, lo ribadiamo, può fare molto in questo senso, sia attraverso la contrattazione collettiva, in particolare quella aziendale e territoriale, sia mediante lo strumento fondamentale della bilateralità.