Dal 17 febbraio a Bologna i senza tetto diventano artisti

“Laboratori migranti” è la nuova idea sorta grazie all’ Antoniano onlus di Bologna in collaborazione con il gruppo informale Arte migrante: “Si tratta di laboratori gratuiti e aperti a tutti, dichiara Tommaso Carturan, coordinatore del gruppo Arte migrante, vorremmo coinvolgere tutti insieme senzatetto, migranti, studenti e lavoratori. È proprio questa la forza della nostra proposta: le persone con una dimensione di vita più regolare potranno conoscere e trascorrere del tempo con chi proviene da culture e condizioni sociali radicalmente diverse. Questo incontro è una grande ricchezza”.

Martedì 17 febbraio sarà inaugurato il progetto che si svolgerà a cadenza settimanale nella grande sala d’aspetto della mensa dell’Antoniano, in via Guinizzelli 3 nel capoluogo emiliano. Il discernimento su quali discipline proporre è partito dal basso, mettendosi in ascolto con chi vive una situazione di disagio: “Siamo partiti da un incontro con i nostri ospiti per capire quali erano i loro bisogni, afferma Mauro Picciaiola dell’Antoniano onlus. Le attività non sono state calate dall’alto, ma sono frutto di una decisione partecipata. Teatro, danza hip hop, musica, artigianato, lingua araba, pittura, informatica e redazione del curriculum queste le opportunità offerte.

Educatori e artisti d’eccezione nei laboratori saranno i giovani di Arte migrante, tra cui anche alcuni senza dimora: si tratta di un gruppo informale nato nel 2012 e formato da studenti, migranti e senzatetto. Ogni mercoledì si radunano in una sala della parrocchia di Sant’Antonio (in via Massarenti 59 a Bologna) per una serata nel segno dell’arte e della comunione: dopo una breve presentazione iniziale, e una cena comune dove ognuno porta qualcosa, si passa all’ esibizioni artistiche. “All’inizio eravamo in pochi,racconta Carturan, ma poi il numero di partecipanti e` cresciuto. Ora siamo circa una settantina a ogni incontro e ci sono sempre persone nuove”. L’obbiettivo principale da raggiungere è creare una relazione più profonda tra i senzatetto e gli operatori, andando al di fuori del semplice colloquio che forse il più delle volte è formale, e senza empatia che non arriva al cuore del problema ne’ al cuore della persona assistita. Inoltre l’arte, spiegano gli iniziatori del progetto ha la capacità di ridare dignità e autostima all’uomo, di tirar fuori la parte più intima cosi da poterla donare e proprio in questa dinamica di “donazione” comprendere più a fondo il vero e particolare valore di sè stessi.