I due volti della bioetica tra verità e opportunismo

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Bioeticista, animatore internazionale del Servizio Maternità difficile e Vita dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
Ognuno di noi ha desideri e aspirazioni ma non tutte sono legittime. “Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te” recita un antico proverbio Cinese assunto a regola d’oro condivisa da tutta l’umanità dove i diritti di ciascuno rappresentano un dovere per l’altro. E’ un fatto che nessuno può vivere senza fare i conti con chi ha accanto e con l’intera collettività, che ogni sua azione avrà sempre un risvolto verso gli altri e viceversa. Il difficile oggi è nel mettersi d’accordo sul chi merita di essere considerato altro. Siamo al paradosso che si invoca maggior rispetto per gli animali e le cose che per esseri umani che si trovino in una sempre più lunga lista di situazioni considerate non degne o non rispettabili.

E’ così che la regola aurea di fare il bene ed evitare il male è stata strattonata da un lato dall’individualismo e dall’altra dal collettivismo. Mentre col primo si pretende di lasciare ogni scelta in mano all’individuo abbandonandolo all’assoluta autodeterminazione, nel secondo si giustifica il sacrificio di chi è scomodo per un presunto bene per la società. La convivenza di questi due modi di affrontare la realtà ha dato origine alla schizofrenia che caratterizza la nostra società. Tutti ne sono scontenti ma allo stesso tempo non sono disponibili a mettersi in gioco per cambiare le cose. La vera novità arriva dal passato. Ciò che non si consuma con le mode e i costumi rimane come una fiammella pronta a riportare nuovamente la luce a chi scelga di accoglierla.  Un esempio eccelso e sempre attuale ci viene da Re Salomone nel X secolo a.C. quando ordinava ai suoi servi: “dividete il bambino vivo in due parti, e datene la metà all’una, e la metà all’altra” . per sanare la contesa fra due meretrici che si proclamavano entrambe madri dello stesso neonato. Un Re che non aveva desiderato ricchezze ma un cuore intelligente, per poter amministrare la giustizia per il suo popolo e discernere il bene dal male.

Questo è lo spirito e il fine della bioetica. La società odierna ci pone di fronte continuamente nuove sfide, dove il bene e il male pare si confondano in dilemmi etici dove la frase più comune diventa “Come fai fai male”. Pareva non esserci alcuna possibilità di sapere quale fosse la madre vera. Avevano partorito insieme ma uno dei due bambini era morto, così entrambe lo reclamavano. Nessuno strumento legislativo avrebbe potuto sanare la vicenda delle due madri poiché non vi erano testimoni. Così il Re agisce con la sapienza, chiesta a Dio all’inizio del suo Regno, con la provocazione drastica di sacrificare il bambino spartendone le membra.

E’ così che l’ordine di Salomone scuote profondamente la coscienza di chi quel figlio lo amava e non solo ne pretendeva l’affetto. La vera madre sacrifica il suo desiderio più profondo e viscerale di maternità purché il figlio non venga ucciso, preferisce donarlo a chi glielo stava strappando pur di salvargli la vita. L’altra donna invece ne sollecita il sacrificio piuttosto che restituire il bambino. E’ così che diviene chiaro a tutti chi sia la vera madre e a quella viene restituito il bambino.

La bioetica serve a fare luce, ad aiutare gli attori di una controversia ad intravedere e scegliere il bene. E’ necessario prendere in esame tutti i fattori in gioco, dove spesso interferiscono interessi occulti e condizionamenti non facili da individuare. Un discernimento talvolta difficile ma necessario e possibile.